Massimo Oddo, (non proprio) nel nome del padre

Massimo Oddo, (non proprio) nel nome del padre

A 21 anni di distanza, un Oddo torna a sedersi sulla panchina della prima squadra biancazzurra

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Oddo bis. Ma non proprio nel nome del padre. A 21 anni di distanza, un Oddo torna a sedersi sulla panchina della prima squadra biancazzurra.

La circostanza ha, a suo modo, un rilevante dato statistico. Massimo Oddo inizia la sua avventura da allenatore in prima squadra proprio su una panchina che fu di suo papà. Nella storia del calcio italiano, almeno a livello professionistico, nessun’altra squadra era stata allenata dal padre prima e dal figlio poi, come evidenziato dal giornalista Sky Daniele Barone. Franco 1994/96 e Massimo oggi, anche se forse per una partita appena.

Franco Oddo, nativo di Trapani ma pescarese d’adozione, è rimasto nei cuori dei tifosi pescaresi. Suo figlio, nato a Città Sant’Angelo ma pescarese verace,da calciatore non ha mai indossato la casacca biancazzurra, con il Delfino ha il battesimo nel calcio che conta dopo aver guidato per un anno la Primavera del Pescara e per una stagione gli Allievi del Genoa.

Per il tutto per tutto il Pescara si affida ad un novizio che però respira calcio sin dai primi vagiti. Cresciuto a pane e pallone, con il suo papà e con Cetteo Di Mascio, che lo ha forgiato nella Renato Curi prima che il buon Max spiccasse il volo nelle giovanili del Milan.  Il finale thrilling del club biancazzurro ha anche qualcosa di romantico. Massimo, però, si è scrollato presto di dosso l’ombra del celebre padre, issandosi da calciatore addirittura sul tetto del mondo con la Nazionale a Germania 2006. A proposito, curioso il particolare che lo stesso Oddo ha svelato in conferenza stampa. “Abbiamo una chat con tutti i campioni del mondo,mi hanno scritto lì e mi ha fatto molto piacere”, ha raccontato. “Ho ricevuto tanti messaggi, quelli che mi hanno fatto ridere sono stati quelli ricevuti da persone che non sento da sei o sette anni. Chi? I nomi non si fanno”, ha sorriso.

Non teme il salto alla guida dei grandi, Massimo. Il papà non gli ha dato consigli, non ne ha bisogno. «Mi ha semplicemente fatto l’in bocca al lupo», ha detto il successore di Baroni. «Sicuramente è molto orgoglioso. Per molti punti di vista siamo simili, anche a livello di concezioni calcistiche, ma non come carattere». Non c’è tempo di vivere fiabe, anche se Massimo dovrà scrivere il lieto fine battendo il Livorno in un vero e proprio spareggio. Una gara da dentro o fuori. Senza appello. Ma lui non sente il peso della responsabilità. “Non penso a possibili etichette negative in caso di sconfitta, anche perché la partita di venerdì non andrà male…”. Coraggio, convinzione nei propri mezzi e sana sfrontatezza: in questo è davvero diverso dal papà, che ricordiamo un po’ diverso nelle interviste quando era ancora allenatore. “E’ come se mi avessero chiamato per una finale. E giocare una finale è  il sogno di ogni allenatore e giocatore. Di certo non penso al futuro, ma solo a venerdì. E ai playoff”. Di padre in figlio, sperando che un Oddo, stavolta, riesca a coronare il sogno di una città.

 

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