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“Non vi e’ la dimostrazione inconfutabile che i vari soggetti coinvolti nelle vicende in esame si siano organizzati dando vita ad uno stabile sodalizio criminoso, con una sia pure rudimentale struttura e ripartizione di ruoli”. Cosi’ la Corte dell’Aquila ha motivato la conferma dell’assoluzione emessa in primo grado dell’ex sindaco di Montesilvano (Pescara), Enzo Cantagallo, e di altri imputati, dall’accusa di associazione per delinquere. La vicenda e’ relativa al cosiddetto processo “Ciclone” su presunte tangenti negli appalti pubblici al Comune di Montesilvano (Pescara).

La Corte, che relativamente al reato associativo ha ritenuto infondato l’appello del pm, Gennaro Varone, aggiunge: “se pure in un contesto di evidente e sconcertante malaffare che caratterizzava la vita dell’amministrazione comunale di Montesilvano non puo’ dirsi che tutti i fatti siano legati ad un unico filo e che si tratti di illeciti da tutti programmati e voluti, al di la’ della commissione dei singoli fatti illeciti”. “Non vi e’ – proseguono i giudici nella motivazione – collegamento tra essi e d’altronde vi sono imputati che rispondono solo di un episodio o di pochi episodi non avendo rivestito alcun ruolo negli altri ed in particolare Cantagallo di volta in volta nel suo agire si serviva di personaggi diversi che non risulta tra loro avessero stabili rapporti”.

In secondo grado gli episodi di corruzione per cui Cantagallo era stato condannato dal Tribunale di Pescara sono stati dichiarati prescritti. Inoltre e’ stato assolto da un altro reato di corruzione con la formula del fatto non sussiste. L’episodio e’ quello riguardante le presunte tangenti versate e confessate dall’imprenditore del verde pubblico, Bruno Chiulli. Cantagallo poi e’ stato assolto dai giudici aquilani dal reato di abuso per cui era stato condannato in primo grado, mentre per quanto riguarda l’accusa di calunnia per cui era stato assolto e’ stata dichiarata la prescrizione. L’ex sindaco, infine, e’ stato condannato al pagamento del risarcimento del danno al Comune di Montesilvano nella misura del 35 per cento della somma di 200 mila euro. Cantagallo in primo grado era stato condannato dal Tribunale collegiale di Pescara a 5 anni per corruzione e abuso d’ufficio, e assolto invece dai reati di associazione per delinquere, favoreggiamento, calunnia, abuso edilizio, abuso d’ufficio, elusione dei costi di costruzione nonche’ da diversi episodi di corruzione.

“Vi era un clima di generalizzato malaffare, di gestione gravemente distorta della cosa pubblica, di cui vari soggetti hanno approfittato cogliendo di volta in volta le occasioni che si presentavano in relazione alla gestione di varie pratiche amministrative (specie edilizie) senza che cio’ possa dirsi indice di una organizzazione che tale clima abbia realizzato”. E’ uno dei passaggi fondamentali della conferma dell’assoluzione emessa dalla Corte d’Appello dell’Aquila dell’ex sindaco di Montesilvano,Enzo Cantagallo, e di altri imputati, dall’accusa di associazione per delinquere. Secondo la Corte, “non emerge il ‘cartello’ di imprese cui fa riferimento il pm ma di volta in volta singoli imprenditori, non collegati tra loro, che approfittano della evidente ormai nota disponibilita’ di politici e funzionari a farsi corrompere, con rapporti privilegiati tra il singolo amministratore o funzionario e singole imprese, conseguendone che ciascuno sembra coltivare il proprio ‘orticello’ approfittando del clima di generale illegalita’ che connota il Comune di Montesilvano”. “Anzi – scrivono i giudici aquilani – dagli atti emerge che tra gli artefici della vicenda a volte si sviluppano forti attriti con interessi di imprenditori tra loro configgenti e con contrasti tra gli stessi politici e tecnici per questioni di prestigio e potere personale”. Secondo i giudici “certamente un vincolo stretto, anche in relazione allo svolgimento dell’attivita’ politico amministrativa, emerge tra Cantagallo e Vallescura, ma per il resto i vari contributi concorsuali appaiono autonomi ed occasionali, in relazione alla contingenza del caso”. Secondo la Corte, il pm “svolge considerazioni suggestive che pero’ non dimostrano la sussistenza degli elementi strutturali di una associazione, come definiti dalla giurisprudenza della Suprema Corte”. Secondo i giudici “alla fine unico dato significativo e’ la pluralita’ di reati commessi anche se, come detto, i concorrenti sono spesso diversi ed i vari fatti sono scollegati tra loro. E la organizzazione non puo’ consistere sul fatto che gli imputati (peraltro non tutti) facessero parte a vario titolo dell’amministrazione comunale com rispettivi ruoli funzionali”. I giudici, inoltre, ribadiscono che “basta leggere le singole imputazioni per verificare che Cantagallo, artefice principale della vicenda, ha commesso i vari reati con il concorso, di volta in volta, di persone diverse, che non risulta neppure avessero legami tra loro”.