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Oltre 300.000 articoli sequestrati dai militari del Comando Provinciale di Pescara in città e in provincia, pronti per essere smerciati sul mercato del falso durante le festività di fine anno.

Le maglie del piano d’azione “STOP FAKE”, a tutela del “Made in Italy” si stringono in vista dello shopping natalizio e bloccano un giro d’affari illecito di circa 700.000 euro, gestito da operatori del falso.

Numerose le irregolarità scoperte dai finanzieri del Gruppo e della Sezione Mobile del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pescara: violazioni al Codice del Consumo in materia di sicurezza prodotti e prescrizioni d’uso, cui corrispondono sanzioni fino a 25.000 euro.

Denunciato all’Autorità Giudiziaria un soggetto di origini macedoni, privo di licenza, che vendeva in un mercato rionale della città profumi contraffatti recanti loghi, colori, trame, modalità di confezionamento e bar code molto simili agli originali e, quindi, in grado di trarre in inganno i consumatori.

Tra i prodotti non conformi sequestrati vi è un po’ di tutto: articoli tipicamente natalizi, prodotti per l’ufficio, per la casa e per la cura della persona.

Il blitz delle Fiamme Gialle pescaresi conferma che la contraffazione è diffusa e trasversale a tutti i settori ma non sempre ne è ben compreso il disvalore.

Infatti, da uno studio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sulla percezione della contraffazione in Italia emerge come il fenomeno sia ben conosciuto e in qualche modo giustificato. Otto italiani su 10 sono consapevoli del fenomeno, sanno benissimo di cosa si tratta, ma 7 su 10 creano meccanismi giustificativi e ritengono possibile acquistare un prodotto contraffatto.

In realtà, le attività operative accendono i riflettori su questi traffici illeciti, dove l’“ipertrofia” della contraffazione ha ormai un attore assoluto: il crimine organizzato transnazionale.

Difatti, le organizzazioni criminali spesso sono attratte dalla produzione o distribuzione di merce contraffatta, attività scarsamente rischiose e, al contempo, altamente lucrative, per via dell’elevata domanda dipendente dalle notevoli differenze di prezzo tra gli originali e le loro copie. Un delta questo che, nella maggior parte dei casi, è dovuto ai livelli di tassazione, alla necessità da parte dei produttori legali di recuperare il capitale investito per lo sviluppo e la produzione dei propri prodotti, e, soprattutto, alla diversa qualità delle materie prime utilizzate e dunque del prodotto finale.

Va prestata attenzione ad alcuni indizi tipici di potenziali truffe, campanelli d’allarme come prezzi troppo bassi nei negozi fisici o in rete, dove si possono trovare anche pagine tradotte male in italiano o sedi dell’azienda non identificabili o numeri di telefono inesistenti. Occhio, prima di tutto, al prezzo. Se troppo basso, non è detto che sia sinonimo di convenienza, ma potrebbe essere un segnale di truffa. Fondamentale, poi, osservare l’etichetta, che deve avere la traduzione in italiano e riportare il marchio CE, spesso confuso con l’indicazione “China Export”. Attenzione, infine, ai canali di vendita virtuali, dove è possibile incappare in hacking, spam o cybersquatting, tecniche illegali con cui si commerciano prodotti con un marchio apparentemente originale, ma assenti nei cataloghi ufficiali del produttore, perché il brand viene solo apposto. Il presidio del Corpo si estende anche al mondo del virtuale e del commercio elettronico, per rispondere con un’azione complessiva, volta a mettere in campo strategie di prevenzione e contrasto diverse ed innovative. Tra queste, una più stretta collaborazione con gli operatori economici, lo sviluppo di attività formative trasversali che possano educare i consumatori contro gli incauti acquisti e il 117, il numero di pubblica utilità della Guardia di Finanza sempre a disposizione dei cittadini, h24 e sette giorni su sette.

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