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“L’Abruzzo deve restare la regione capace di tutelare il proprio patrimonio gastronomico, come la ricetta del cacio e uova e del brodo di cardo, due pietanze distintive e caratterizzanti. Perché il futuro della cucina è il ritorno alla tradizione, ai piatti dei nostri nonni, alle radici, agli ingredienti autoctoni, riproposti in versione aggiornata, studiando la presentazione delle pietanze e instaurando una nuova alleanza e collaborazione tra cucina e sala. Ai ragazzi ricordo che non basta saper mettere insieme i cibi, ma occorre anche studiare per sviluppare la propria creatività e dotarsi di un know how utile tra i fornelli”. Lo ha detto lo Chef 2 Stelle Michelin Gennaro Esposito, tornato oggi all’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ di Pescara per l’evento ‘Stelle in Officina’, coordinato dalla dirigente Alessandra Di Pietro, con la docente Cristiana De Martinis, alla presenza degli studenti dell’indirizzo Enogastronomia Sala e Cucina. Presenti, tra gli altri, Lorenzo Pace Presidente dell’Unione Cuochi, Carlo Lauriti Presidente dell’Associazione provinciale Cuochi “con la quale – ha rivelato la dirigente Di Pietro – stiamo organizzando una sorpresa, ovvero la prossima edizione de ‘Lu Carrature d’Or’ si svolgerà nell’Istituto Alberghiero”, quindi Lorenzo Palazzoli specializzato in fiori commestibili ed eduli, e i docenti chef della scuola Massimo Marini, Enza Liberati primo premio in Umbria nella rassegna Cuoche Professioniste nel settore dei dolciumi, Roberto Cirone, Di Nicola, Vincenzo Gambino e Cocco.

“Dagli chef stellati – ha ricordato la dirigente Di Pietro – arriva una lezione importante per i nostri studenti, ovvero l’attenzione alle materie prime del territorio, alla qualità, la passione per la propria tradizione che si affianca alla capacità innovativa, una lezione che vale doppio quando arriva da professionisti che si sono formati in cucine internazionali. Chef, come Gennaro Esposito, che fra l’altro mette spesso la propria arte in cucina a servizio della solidarietà, sublimando il valore della cucina come luogo dell’accoglienza, della condivisione. Senza dimenticare lo sguardo attento al tema della sostenibilità e nella nostra scuola parliamo ogni giorno di economia circolare, di gastronomia antispreco, che non scarta nulla”. “Oggi la cucina richiede due figure professionali – ha sottolineato lo chef Esposito – ovvero il cuoco, che resta lo stratega, ma anche la Sala deve essere sempre più specializzata e valorizzata. Il servizio si va evolvendo, al cameriere o al maitre non si chiede più solo la cortesia nell’accogliere il cliente, ma deve necessariamente parlare più lingue straniere, dev’essere in grado di intercettare di primo acchito le abitudini alimentari degli ospiti, dev’essere capace di anticipare i bisogni del cliente, dimostrando capacità di comunicazione. Grazie anche ai reality tv sappiamo che in cucina il mestiere del cuoco è sempre più sotto i riflettori, ma talvolta anche la preponderanza dello show e della visibilità ha ingenerato confusione sul mestiere, ma ha anche incuriosito la massa, e ha avvicinato tanti giovani. Lo chef oggi non è più il cuoco chiuso in cucina che quasi mai nessuno conosce, ma è protagonista assoluto della sua cucina e della sua creatività, tutti i clienti vogliono avere un rapporto diretto con lo chef di turno. Ecco perché allo chef si richiedono nuove competenze: deve avere una cultura ampia, che vada oltre la preparazione dei piatti, deve saper parlare e intrattenere i clienti. Ma il suggerimento che lascio ai ragazzi futuri aspiranti chef è quello di non sottovalutare mai l’importanza della tradizione: tutti sembrano cercare sempre qualcosa di nuovo, eppure non c’è nulla che colpisce di più della riproposizione di una ricetta dei nostri nonni riscoprendo sapori spesso dimenticati. I ragazzi in cucina devono allenarsi e giocare. Ascoltate i vostri maestri, che sono quelli che dopo avervi dato gli strumenti, vi danno anche fiducia e hanno il coraggio di buttarvi da soli dinanzi a un problema per insegnarvi a cavarvela da soli. Spetta a noi chef professionisti e docenti riportare i nostri ragazzi ai piatti della tradizione, al valore della vecchia trattoria, che è un patrimonio sconfinato a fronte del mondo degli chef stellati che rischia di diventare noioso. E soprattutto i giovani chef devono imparare l’arte dello story telling, ovvero la capacità di raccontare il proprio piatto”.

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