“La ricchezza della mafia nasce sfruttando la debolezza dei giovani, che hanno il dovere di conoscere, di sapere, di essere consapevoli dei propri diritti costituzionali: il lavoro, l’istruzione, la libertà. Ed è fondamentale fare rete contro la mafia, perché da soli non possiamo fare nulla e spesso sono le lungaggini della burocrazia a causare le morti. Da piccola imprenditrice, che aveva solo un sogno, aprire una palestra, mi sono trovata a fronteggiare il clan Madonia, gli assassini del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, del primo imprenditore che ha rifiutato il pizzo Libero Grassi, e che ha messo la bomba contro Borsellino. Ho dovuto stravolgere la vita mia e dei miei tre figli, vivere sotto scorta, nell’anonimato, oggi siamo tornati a Palermo per continuare la nostra battaglia nella nostra terra”. Lo ha detto Valeria Grasso, l’imprenditrice palermitana nel corso della Giornata della Legalità promossa nell’Officina del Gusto dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ di Pescara, con l’evento ‘Donne contro la Mafia’. A coordinare la giornata la dirigente dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ Alessandra Di Pietro, alla presenza, tra gli altri, del Presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri, del Presidente del Tribunale ecclesiastico regionale Don Antonio De Grandis, del colonnello dei Carabinieri Renato Giuseppe Saitta con il luogotenente Di Lancia, e poi la referente dell’Ufficio Scolastico provinciale Daniela Puglisi, la vicepresidente dell’ANNPE Gabriella Lentilucci, dell’avvocato Alberto Massignani, dell’ex Prefetto Vincenzo D’Antuono, del Presidente dell’ANCRI Anna Maria Di Rita. Presenti le classi del Triennio con le docenti Rosa De Fabritiis e Cinzia Luciani.
“Testimonianze come quello di Valeria Grasso sono fondamentali – ha detto il Presidente Sospiri -, il rischio è però che tali racconti vengano enfatizzati come atti di eroismo, con grande visibilità mediatica, ma quando si spengono i riflettori è importante che chi ha avuto il coraggio di denunciare non venga lasciato solo e che lo Stato faccia sempre sentire la propria vicinanza. Come dicevano Falcone e Borsellino, la mafia non è invincibile e come Regione Abruzzo abbiamo riconosciuto per legge la valenza del Premio Falcone e Borsellino”. “Riteniamo che per veicolare il messaggio di libertà siano essenziali le testimonianze, gli esempi di vita – ha sottolineato la dirigente Di Pietro – di persone come Valeria che ha avuto il coraggio e la determinazione di contrapporre la cultura della legalità alla subcultura della mafia, portando avanti la battaglia in un contesto difficile, la sua Palermo, una terra in cui quella subcultura è radicata. Valeria è una imprenditrice palermitana che ha fatto arrestare 25 esponenti del clan Madonia, lavorava nel quartiere San Lorenzo e ha rifiutato il pizzo entrando in un sistema di protezione con i suoi tre figli, vivendo blindata, e oggi vive invece tra Palermo e Roma portando avanti il proprio impegno attraverso due associazioni ‘Legalità è Libertà’ e ‘Contra’. Ricordiamo che la mafia esiste quando i diritti diventano privilegio che pochi danno a pochi, la legalità è conoscere i propri diritti e lottare per essi, la mafia prolifera quando i diritti sono negati. ‘Contra’ lavora invece ogni giorno per aiutare chi soffre per aver contrastato la mafia”. “Sono stata un’imprenditrice, oggi sono una mamma e una nonna che continua a lottare con i propri figli – ha detto Valeria Grasso -. Avevo un sogno, aprire una palestra a Palermo, in anni in cui non si parlava della mafia come accade oggi. Ho preso in affitto un bel locale nel quartiere San Lorenzo, e ho fatto un’unica ingenuità: non ho approfondito chi fossero i proprietari. Ho conosciuto Mariangela Di Trapani, la sorella Patrizia, la mamma e ho vissuto un bel periodo, fino a quando un giorno un custode giudiziario non è venuto a dirmi che il locale era stato confiscato e da quel momento avrei dovuto pagare l’affitto allo Stato. Ma nello stesso giorno è venuto anche un uomo per conto di Mariangela per dirmi che avrei comunque dovuto continuare a pagare l’affitto a ‘loro’. Quel giorno ho scoperto che il locale era stato confiscato perché di proprietà del boss arrestato Nino Madonia, che aveva ucciso materialmente il generale Dalla Chiesa, Libero Grassi il primo imprenditore che aveva denunciato il pizzo, e che aveva partecipato al summit mafioso per mettere la bomba nell’auto di Borsellino. Ho provato a liberarmi dalla mafia cedendo a un giovane la gestione della palestra, ma non è servito a nulla. A quel punto ho denunciato in Caserma ed è cominciata la mia lunga vicenda: microfonata ho aiutato le Forze dell’Ordine a raccogliere prove contro i Madonia attraverso gli incontri con il clan, quindi gli arresti, il processo, la mia testimonianza. Pensavo fosse finita, e invece un giorno in palestra si sono presentati 12 militari con quattro auto per portarmi con i miei figli in un luogo segreto, sotto scorta, perché i Madonia avevano deciso la mia condanna a morte. Abbiamo vissuto in una stanzetta d’albergo, poi in una casa, abbiamo cambiato più città, finchè i miei figli sono voluti tornare a Palermo perché, ovviamente, ritenevano un’ingiustizia che a lasciare la nostra terra fossimo noi che avevamo denunciato e non la mafia. Oggi vivo tra Roma e Palermo e uno dei miei figli si è stabilito a Palermo dove ha riaperto la nostra palestra. Noi non sfidiamo la mafia – ha sottolineato la Grasso -, ma siamo contro chi tenta di rubarci la libertà, siamo contro chi spaccia droga per uccidere. E da questa lotta nasce l’Associazione ‘Contra’ che vuole giungere a costruire un rifugio per proteggere e aiutare gli imprenditori e quei cittadini che si trovano a vivere la mia stessa esperienza, perché il dolore mio e dei miei figli deve servire a qualcosa”.