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l lascito culturale di Ennio Flaiano, la straordinaria attualità della sua satira e il mirabile eclettismo che lo hanno proiettato tra i più raffinati intellettuali del ‘900: sono solo alcuni dei temi che hanno animato le riflessioni degli intervenuti all’evento di commemorazione svoltosi nel pomeriggio presso la Sala Consiliare del Comune di Pescara, nel 50° della morte del celebre giornalista, scrittore e sceneggiatore che tanto contribuì all’affermazione della scuola cinematografica italiana negli anni romani della Dolce Vita. Ospite d’eccezione, in una delle sue prime partecipazioni a manifestazioni pubbliche, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano che ha definito Flaiano <uno straordinario indagatore del costume italiano, un intellettuale controcorrente che ha avuto la capacità di penetrare l’essere sostanziale e autentico degli italiani nel bene e nel male. Guardando i suoi occhi attraverso le lenti dei suoi occhiali è come se avesse voluto dirci “io so chi voi siete”. Fu un nemico del conformismo ipocrita. Mettersi controcorrente, contro il pensiero dominante nel periodo storico in cui visse, fece sì che alla fine egli pagasse  un prezzo alto, come capita ai cosiddetti “irregolari”>.
La città di Pescara ha reso omaggio anche a quel legame con i luoghi di origine che ricorrono nei suoi scritti e che Flaiano non ha mai reciso. Una prodigiosa parabola che consentì allo scrittore, pescarese di nascita come lo era stato Gabriele d’Annunzio, di eccellere nel giornalismo, nella critica teatrale e cinematografica, ma anche nelle vesti di saggista ed elzevirista, oltre che di sceneggiatore dei capolavori di Federico Fellini e altri registi; a lui si devono infatti 60 copioni.

I lavori del pomeriggio, coordinati dal giornalista Mario Sechi, sono stati aperti dai saluti istituzionali del Sindaco di Pescara Carlo Masci, dell’Onorevole Guerino Testa e del Presidente del Consiglio comunale Marcello Antonelli. Il primo cittadino ha affermato: <Questa è una giornata importante per la nostra città perché oggi, intorno alla riflessione su questo grande intellettuale pescarese del secolo scorso, c’è da sottolineare come Pescara stia crescendo dal punto di vista culturale e di questo abbiamo parlato con il Ministro Sangiuliano che ci ha offerto la sua totale disponibilità. Del resto lo stesso Flaiano riscoprì le sue radici pescaresi in età adulta con la ricucitura improvvisa e fulminante di un rapporto che si era interrotto traumaticamente quando era giovanissimo. Egli stesso espresse il desiderio di riposare un giorno nella sua terra d’origine, noi faremo di tutto perché ciò avvenga. Non è un gesto riparatorio, ma un atto di civiltà e giustizia>.
L’onorevole Guerino Testa, nel suo intervento, ha ricordato alcuni passaggi di una lettera  che Flaiano scrisse a Pasquale Scarpitti e nella quale chiedeva a se stesso <cosa avesse conservato di abruzzese>. La risposta fu <l’orgoglio di esserlo, che mi riviene in gola quando meno me l’aspetto con tutte le lacerazioni e l’ambivalenza di sentimenti verso tutto ciò che è Abruzzo. Una lettera che non avrei voluto scriverti per un altro difetto abruzzese, il più grave, il pudore dei propri sentimenti>.
Il presidente dell’assise civica Marcello Antonelli ha a sua volta sostenuto <che i cinquant’ anni trascorsi da quel 20 novembre 1972, dalla scomparsa di Flaiano, possiamo dire siano un periodo breve, perché la sua opera di ieri vale assolutamente anche nell’oggi. E’ l’attualità di un classico. A pochi autori della cultura italiana del secondo dopoguerra è però toccata la sorte di Flaiano, guardato con sufficienza, non considerato e infine confinato nel limbo del battutista fulminante, perche i capolavori del cinema li scriveva e non li girava dietro la macchina da presa. Eppure egli ha lasciato una traccia indelebile e se oggi lo ricordiamo è perché non lo abbiamo mai dimenticato>. 

Anna Luciana Di Lello Finuoli ha preso la parola prima di consegnare in dono al sindaco di Pescara le lettere della sua corrispondenza con Flaiano: <Premetto che queste lettere che oggi donerò al Comune di Pescara sono di carattere personale, anche se riguardano la circostanza di una collaborazione che Flaiano mi chiese per la stesura di un copione ma che non produsse risultati perché fallì la società che avrebbe dovuto produrre il film. Siccome la base del testo era in lingua tedesca mi aveva chiesto un sostegno. Credo di aver percepito che per Flaiano scrivere fosse  una condizione esistenziale, un suo essere nel mondo. Questo mi lega molto a lui e queste lettere che dono oggi al Comune di Pescara, sua terra d’origine, vogliono essere proprio l’espressione di questa mia sensazione, un riconoscimento dedicato alla sua sensibilità>.

Molto sentito l’intervento di Carla Tiboni, presidente dell’Associazione Ennio Flaiano: <Conoscendo, studiando e leggendo Flaiano – ha rimarcato -si comprende sempre di più la grandezza di questo intellettuale pescarese, scoprendo ogni volta cose nuove. Questo è un anno importante, con il 50° dei Premi internazionali Ennio Flaiano. Ciò che accade qui oggi conferma come la sua morte abbia avuto una funzione restitutoria nei suoi confronti. La sua sterminata produzione letteraria rappresenta un patrimonio da cui emergono una freschezza di scrittura e un’attualità sconcertante per i temi che trattò. Pescara è sempre rimasta in lui e noi abbiamo il dovere di affermare e valorizzare ogni anno di più la grandezza di questo illustre figlio della nostra città>.

Se Flaiano oggi è ricordato come campione e maestro della satira, della battuta arguta e del paradosso, ma anche come inventore di neologismi (“paparazzo” e “vitellone” sono i più famosi), molto lo si deve ai suoi celebri aforismi, con i quali manifestò una forza inimitabile, capace come fu di “smascherare” ambizioni e meschinità degli uomini. Ma egli non fu solo questo. Il suo occhio provocatorio sul quotidiano dell’umanità non fu aperto solo al fine irriverente ma ha lasciato quasi sempre spazio alla riflessione amara e profonda. Ma furono il Cinema e la scrittura per il cinema a trasformarlo in un intellettuale di profilo internazionale: I Vitelloni La dolce vita furono i pilastri della sua carriera di sceneggiatore, ma rappresentano ancora oggi uno spaccato straordinario della cultura nazionale.

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