Arriva sui banchi del Consiglio regionale l’annosa questione della realizzazione di un Biodigestore anaerobico in località Piano di Sacco, nel Comune di Città Sant’Angelo. “L’opera ha già incassato il no dell’Amministrazione Comunale e della Provincia. Ora è arrivato il momento che anche la Regione Abruzzo si esprima sulla contrarietà alla realizzazione dell’impianto” è quanto sostiene il Vicepresidente del Consiglio regionale, Domenico Pettinari che questa mattina, in conferenza stampa, ha presentato la dettagliata interpellanza rivolta al Presidente della Giunta regionale Marco Marsilio e all’Assessore con delega ai rifiuti Nicola Campitelli. Al suo fianco tanti cittadini del territorio e i Consiglieri comunali Stefano Seracini di Città Sant’Angelo, Massimo Di Renzo e Paolo Sola di Pescara.
“L’Area di Piano di Sacco, dove dovrebbe insistere il progetto di realizzazione del Biodigestore anaerobico – spiega Pettinari – rientra nell’ambito del Distretto Rurale denominato “Terre Vestine dalle Saline al Gran Sasso”, riconosciuto dalla Regione Abruzzo con Deliberazione del 2015. L’Area rientra, inoltre, nell’ambito del “Contratto di Fiume Tavo-Fino-Saline”. Infatti, seppur sulla carta risulta classificata a destinazione industriale da Regione Abruzzo, in realtà non sembrerebbe averne le caratteristiche, sia per la sua vocazione agricola, sia perché priva di qualsiasi opera di urbanizzazione primaria come strade, condotte acque industriali e civili, rete pubblica antincendio, impianto di depurazione acque nere e industriali, rete idrica, e altri fattori indispensabili per un polo industriale.
Per questo stona completamente la decisione dell’assemblea dei soci di Ambiente SpA, società interamente pubblica, che a maggio di quest’anno ha deliberato l’avvio del procedimento per la realizzazione di un “Biodigestore” in project financing. Secondo i dati, forniti proprio da Ambiente SpA, l’impianto dovrebbe trasformare circa 60.000 tonnellate annue di rifiuti umidi. Ma le tonnellate di frazione umida prodotta a Città Sant’Angelo ammonterebbero, al massimo, a 2.000 tonnellate per lo stesso periodo. E’ evidente che le 58.000 tonnellate di materiale mancante, già in putrefazione e fortemente maleodorante, dovrebbero affluire dal comprensorio pescarese, e non solo, verso Piano di Sacco.
Parliamo di una zona che insiste nel comune di uno dei Borghi più belli d’Italia, nominato dalla rivista Forbes al 6° posto nella classifica mondiale delle località ideali dove stabilirsi e investire, e riconosciuto come Cittaslow, Città dell’Olio e Città del Vino, oltre ad aver ottenuto il marchio Bandiera Verde per l’Agricoltura. Siamo quindi in un contesto che ha una notevole vocazione finalizzata all’uso agricolo e non può trasformarsi nella pattumiera d’Abruzzo soprattutto con la realizzazione di un impianto obsoleto, anti economico e anti ambientale.
Dagli studi effettuati, infatti, emerge che la frazione umida che dovrebbe alimentare il digestore anaerobico è definita dal T.U. Ambientale, “rifiuto organico putrescibile ad alto tenore di umidità, proveniente da raccolta differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani”. L’impianto, poi, richiede importanti quantitativi di acqua e di calore per l’innesco e per il mantenimento della fermentazione per la produzione delle due fasi finali, una detta “BIOGAS”, composto in prevalenza da acido solfidrico H2S, un gas tossico, dal forte odore nauseabondo di uova marce, e l’altra “DIGESTATO”, composto dalla poltiglia liquida residua della gasificazione, contiene azoto e per questo è intriso di sostanze puzzolenti, tossiche e contiene in genere anche inquinanti di varia natura chimica.
E’ di fondamentale importanza sottolineare che sia il Piano provinciale dei rifiuti che quello regionale, prevedono una distanza minima tra centri e nuclei abitati e impianti di questo genere.
E precisamente una distanza non inferiore a 500 metri per i nuclei abitati, e 200 metri per le case sparse. Tali determinazioni scaturiscono dalla necessità di garantire la sicurezza dei cittadini anche in merito alle fuoriuscite di gas maleodoranti. Il non rispetto di queste distanze, come nel caso del punto indicato in di Piano di sacco, costituisce un fattore escludente per la realizzazione dell’opera.
Come se tutto ciò non bastasse, le modalità con cui è stata scelta la tecnologia della biodigestione anaerobica con produzione di biogas da depurare perché divenga biometano, risulterebbe contraria alle procedure obbligatorie per legge di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e alle procedure di VIA (Valutazione dell’Impatto Ambientale).
È chiaro, quindi, che quell’impianto lì non può essere realizzato.
Alla luce di tutto ciò ci chiediamo come mai si sia scelta questa strada e non altre, come per esempio quella del Compostaggio aerobico, che svolge un’attività a bassa temperatura, non richiede acqua ed evita la formazione di gas tossici. È una tecnologia consolidata, semplice, gestibile, a bassissimo impatto ambientale. Non è minimamente pericolosa ed è in grado di produrre composti di qualità che potranno essere certificati e che l’odore è quello di terra di bosco come il terriccio ammendante /fertilizzante che viene acquistato per orti, vasi o per i giardini.
Il compostaggio, inoltre, può essere attuato su ampia scala, da quella domestica passando per piccoli impianti elettromeccanici automatici, fino a poter essere realizzato al livello di paesi e di contrade;
L’impianto di compostaggio per l’area metropolitana ha anche costi inferiori rispetto al biodigestore anaerobico; necessita di superfici ben minori, evita il consumo di suolo fertile recuperando capannoni o strutture esistenti abbandonati; è più sicuro del Biodigestore con produzione di biometano, in quanto non ci sono gas infiammabili ed esplosivi. Quindi parliamo di un impatto ambientale è minimo. E la questione dei cattivi odori è risibile rispetto a un Biodigestore anaerobico che di per sé è tecnologia putrefattiva.
Ambiente Spa è una società pubblica pertanto la Regione e i Comuni devono essere assolutamente coinvolti equamente nelle sue decisioni, ecco perché ho anche voluto chiedere alla Regione Abruzzo se ritiene legittima la modifica dello Statuto di Ambiente SpA, approvata ad agosto 2022, in cui il numero dei consiglieri scelti dal Comune di Pescara risulta essere tre su un totale di cinque, detenendo così sempre la maggioranza ed escludendo le volontà degli altri 31 Comuni soci di Ambiente SpA.
Mi aspetto che questa interpellanza sia calendarizzata il prima possibile, i cittadini di Città Sant’Angelo, e di tutto il comprensorio, meritano risposte certe e una posizione chiara espressa dalla Giunta regionale a trazione Fratelli D’Italia, Lega e Forza Italia. Per tutte le evidenze che abbiamo riscontrato nello studio delle carte e dopo aver ascoltato la voce di centinaia di cittadini interessati noi ribadiamo fermamente la nostra contrarietà a quest’opera d’annosa e chiediamo formalmente alla Giunta di farsi tramite di soluzioni più in linea con le esigenze del territorio come quelle che abbiamo ampiamente proposto anche in questa sede” conclude.