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Incassava regolarmente i tributi dai contribuenti, senza restituirli alle casse dei Comuni creditori: agiva così una società di riscossione del pescarese che, aggiudicatasi l’appalto per il servizio di recupero delle imposte locali evase con documentazione falsa, ha accumulato un “tesoretto” di centinaia di migliaia di euro, operando per qualche anno anche in difetto di licenza autorizzativa.

Alla condanna per peculato e falso arrivata nel 2020 dal Tribunale di Pescara, fa eco ora la sentenza della Sezione Giurisdizionale per la Regione Abruzzo della Corte dei Conti, che obbliga al pagamento dell’ingente danno erariale, materiale e da disservizio, arrecato agli Enti locali destinatari dei tributi riscossi.

Sul piano della responsabilità amministrativa per danno erariale, i giudici contabili hanno confermato la validità dell’impianto probatorio raccolto dal 2015 dai finanzieri di Popoli con intercettazioni telefoniche, pedinamenti, indagini finanziarie, perquisizioni e sequestri. Le investigazioni hanno disvelato un sistema di frode articolato e già testato nel Lazio, dove la stessa società aveva già aperto una voragine da quasi 2,4 milioni di euro.

Vittime della trappoleria anche diversi Comuni della provincia di Pescara, Turrivalignani, Popoli e Lettomanoppello, i cui amministratori locali avevano denunciato il mancato introito dei canoni per il servizio idrico, dei consumi di energia elettrica, degli affitti di alloggi comunali. Tra gli escamotage utilizzati, quello della “pratica ancora aperta”: pur avendo riscosso l’importo totale dovuto, i responsabili facevano risultare ulteriori debiti fittizi, in modo da lasciare in sospeso il riversamento fino alla definitiva riscossione della partita in realtà già avvenuta.

Un altro espediente era quello della “compensazione”, agevolato dalla mancanza di controlli del Comune sull’operato della società esattrice: nel rendiconto, i tributi da riversare venivano azzerati da falsi crediti vantati nei confronti dell’Ente, documentati sia da fatture già pagate sia da fatture completamente false.

Ma l’ingente bottino accumulato non rimaneva a lungo nelle casse della società, perché veniva sistematicamente prelevato in contanti, girocontato o addebitato su carte di credito.

Per ripianare il buco finanziario e rimborsare i Comuni privati delle preziose risorse utili per assicurare i servizi essenziali alla collettività, la Corte dei Conti aquilana ha presentato ora un conto salato, avvalorando le investigazioni condotte dalle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Pescara, impegnate senza sosta a presidio della legalità in tutte le aree della Provincia a tutela delle comunità territoriali.