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“Quando entriamo nella rete abbiamo sempre un nome, un cognome, un volto, ovvero un’identità digitale che ci impedisce l’anonimato, e contribuisce alla formazione della nostra ‘reputazione on line’. Che significa che dobbiamo sempre fare attenzione a ciò che carichiamo attraverso i nostri smartphone, le foto, i commenti, i video, materiale che potrebbe saltare fuori ed essere recuperato in qualunque momento della nostra vita e divenire oggetto di cyberbullismo. Al tempo stesso, però, anche il bullo non può pensare di essere invisibile, perché verrà sempre rintracciato a fronte di un’attività investigativa. Ai ragazzi la raccomandazione di non esporsi, di non raccontare ogni dettaglio della propria vita sulla rete perché il rischio è sempre in agguato”. Lo ha detto l’ingegner Gian Mauro Placido, Dirigente Tecnico della Polizia Postale Abruzzo, intervenuto all’evento ‘Ipsias Di Marzio Michetti incontra la Polizia di Stato su Cyber Bullismo’ promosso nell’Istituto Professionale di Stato Ipsias ‘Di Marzio-Michetti’, parlando di ‘Internet social network e rischi’
Ad aprire la mattinata sono stati la dirigente Maria Antonella Ascani e il professor Giuliano Natale, referente per il bullismo-cyberbullismo per l’Ipsias, che hanno ricordato “l’impegno della nostra scuola nella lotta contro il bullismo, all’interno di una rete di Istituti scolastici, perché la prima formazione avviene tra i banchi di scuola, nel confronto quotidiano tra ragazzi che comunque vivono tante ore della loro giornata insieme e occorre sempre fare grande attenzione ai meccanismi della socializzazione che si innescano”. Quindi la parola all’ingegner Placido: “Fortunatamente il tema è oggi oggetto di confronti costanti all’interno delle scuole, quello che con gli anni è cambiato è il contesto normativo inerente l’oblio. La rete rappresenta una grande risorsa sul fronte della comunicazione, ma anche un grande rischio che occorre saper utilizzare. Inizialmente era nata come strumento di uso militare, una grande rete che non si spegne mai e permette di comunicare anche nelle condizioni più proibitive, una rete che fosse resiliente, robusta, capace di resistere a un attacco nemico, una rete concepita per essere geograficamente estesa in tutto il mondo, nata negli anni ’50, ampliata negli anni ’70 per poi esplodere negli anni ’80 divenendo finalmente una rete pubblica, permettendo a tutti di accedere. Il vero problema è che formalmente quella rete non è governata da alcuno. L’esplosione della rete si è poi affiancata allo sviluppo dei computer e, soprattutto, dei mobile, a metà anni ’90, per cui con la terza generazione dei telefonini, di fatto ogni cellulare è un minicomputer, che con il 5G ha acquisito la massima velocità di accesso alle informazioni. Questo significa che oggi ogni qual volta carichiamo una foto, o un video, o postiamo un pensiero, lo stesso viaggia a una velocità inimmaginabile e finisce nella rete visibile e invisibile, costituita dal sistema cloud, che ci permette di sincronizzare più dispositivi, facendo viaggiare nell’etere ogni tipo di informazione che ci riguarda, ovvero la nostra identità digitale, le foto della nostra vita, anche momenti di spensieratezza, che però potrebbero saltare fuori ed essere recuperati in qualunque momento, con la capacità di rovinarci la vita, o di mandare all’aria un colloquio di lavoro o molto peggio. Nessuno può pensare di essere anonimo o invisibile sulla rete, nessuno può pensare di dire o scrivere ciò che vuole e di essere impunito, perché quelle foto, quei pensieri, faranno parte della nostra reputazione on line. Ovviamente questo riguarda sia le vittime di bullismo o cyberbullismo, sia i cosiddetti ‘carnefici’”. L’evento ha poi visto la presenza anche della professoressa Virna Voltura, docente di Scienze Umane e Pedagogista che ha parlato degli ‘Aspetti psicoeducativi legati al fenomeno del cyberbullismo’.