A cento anni dalla nascita di Renato Berardinucci, Pescara ha ricordato, con una cerimonia nel piazzale del Comune, i fatti di Arischia, quando davanti al plotone di esecuzione tedesco due partigiani sacrificarono la loro vita per salvare quella di due loro compagni
Con la deposizione di una corona d’alloro ai piedi della lapide che dal 1947 riporta i nomi dei caduti nella guerra di liberazione e la consegna delle targhe celebrative ai familiari, la città di Pescara ha ricordato con una cerimonia ufficiale i patrioti decorati di medaglia al valor militare della banda di Renato Berardinucci, nel centenario della nascita dello studente americano caduto per la libertà (Philadelphia, I giugno 1921 – Arischia, 11 giugno 1944).
È stata questa la prima volta che i protagonisti della drammatica fucilazione di Arischia venivano celebrati, nel ricordo del gesto eroico che costò la vita a Berardinucci e a Vermondo Di Federico e la salvezza ai compagni Giuseppe Padovano e Umberto Collepalumbo. I quattro si lanciarono infatti a mani nude contro il plotone d’esecuzione tedesco in quello che nella motivazione alle due medaglie d’oro alla memoria fu definito come un atto di «sublime follia»; Padovano, ferito da una fucilata, sarà insignito di medaglia d’argento, Collepalumbo di medaglia di bronzo.
Alla cerimonia si sono ritrovati per la prima volta, e visibilmente commossi, i figli e i parenti dei quattro patrioti: Luisa e Cinzia Berardinucci e Roberta e Salvatore Di Camillo; Vermondo e Daniela Di Federico; Marisa, Loredana, Gianna, Lidio, Annabella e Clomero Padovani; Aldo Biagio, Doriana Vincenza e Claudio Collepalumbo. Per le quattro famiglie il Comune di Pescara ha fatto realizzare targhe commemorative consegnate dal presidente del Consiglio comunale Marcello Antonelli, dal prefetto Giancarlo Di Vincenzo e dal comandante della Polizia municipale Danilo Palestini. I parenti hanno rivolto il loro apprezzamento all’Amministrazione per aver ricordato la vicenda dei martiri di Arischia e il loro ringraziamento per aver voluto tenere viva la memoria delle quattro medaglie al valor militare come mai avvenuto in passato.
Nel suo discorso il sindaco Carlo Masci, dopo aver ripercorso l’esperienza dell’emigrazione dei Berardinucci nel 1920 e il ritorno a Pescara nel 1939, ha parlato fuor di retorica di «una storia di giovani che scelsero la via più difficile per opporsi all’occupante, che non compirono imprese mirabolanti ma fecero tutto quanto era nelle loro possibilità per conquistarsi il diritto alla libertà. L’eroismo, quello vero, è stato quello dell’ultimo minuto della loro esistenza, l’11 giugno 1944, quando i quattro componenti della banda sciolta dopo la liberazione dell’area vestina con l’arrivo degli Alleati, vennero traditi e messi al muro davanti al cimitero di Arischia per essere fucilati da un plotone d’esecuzione. Poco prima della scarica fatale, Renato, che aveva parlato di questo con i suoi compagni, diede il segnale di scagliarsi contro i soldati tedeschi, rimasti totalmente sorpresi dal gesto eroico e disperato. Nel tafferuglio Padovano e Collepalumbo presero opposte vie di fuga, come concordato, ma su Berardinucci e Di Federico i militari fecero subito e più volte fuoco, prima di sparare contro gli altri due. Padovano, ferito, rotolò in un canalone e quando giunsero i soldati per controllare simulò di essere morto riuscendo a ingannarli; Collepalumbo, per un’incredibile benevolenza del destino, era ormai fuori portata. La madre di Renato, che assistette a tutto, venne colpita più volte con i calci dei fucili sul viso e ne porterà i segni per tutta la vita».
Il sindaco di Picciano Vincenzo Catani ha sottolineato che «il filo rosso che attraversa e salda le vite e le esperienze delle quattro medaglie al valor militare è proprio il paese di Picciano assieme alla sua frazione di Piccianello. Il padre e la madre di Renato Berardinucci erano infatti originari proprio di Picciano, qui erano nati Vermondo Di Federico e Giuseppe Padovano, qui aveva trascorso la sua infanzia dai nonni Umberto Collepalumbo, che invece era nato a Pescara. Qui il destino fece incontrare questi giovani uniti nell’esperienza della resistenza, sotto la guida dell’americano che fece intravedere il dovere morale di ribellarsi e di combattere. Pescara e Picciano possono essere orgogliosi non solo delle quattro medaglie al valor militare di cui condividono l’origine dei protagonisti, ma anche e soprattutto delle figure dei quattro giovani che hanno lottato per la nostra libertà sino a mettere in gioco la loro stessa vita. Ricordarli e rendere omaggio al loro sacrificio è un dovere di tutti, perché è il nostro debito morale per il prezzo della libertà».