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Il Sindacato giornalisti abruzzesi in piazza Italia, davanti al Prefettura in un simbolico presidio per informazione e lavoro

Un patto con le istituzioni per il futuro dell’informazione

Nella nuova Italia che nascerà dall’attuazione del Pnrr c’è posto per l’informazione intesa come attuazione dell’articolo 21 della Costituzione? Il dovere di informare, il diritto di essere informati in maniera corretta e pluralistica. È questo il tema della mobilitazione dei giornalisti che stanno manifestando per la dignità, il lavoro, la libertà della stampa, oltre che alla salvaguardia del proprio istituto di previdenza, l’Inpgi.

Il settore da oltre un decennio sta soffrendo difficoltà strutturali solo in parte dovute alla trasformazione del modello produttivo: in cinque anni, tra il 2013 e il 2018 erano già stati persi quasi 3 mila posti di lavoro, il 15% del totale, un’emorragia occupazionale che non ha eguali.

E se non bastassero il ricatto occupazionale e lo sfruttamento lavorativo, i cronisti sono limitati nel loro mestiere anche dalla minaccia delle querele bavaglio e del carcere per il reato di diffamazione.

Il Parlamento può fare qualcosa? Sì, adottare alcuni provvedimenti che non hanno alcun impatto sul bilancio dello Stato, ma che ne hanno uno fortissimo sulla democrazia e sulla libertà di stampa:

– norma per l’abolizione del carcere per i cronisti, la proposta di legge giace in Senato: nel giugno del 2020 l’allora presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, ora ministra della Giustizia, firmò un’ordinanza che dava un anno di tempo al Parlamento per intervenire sulla pena detentiva, manca un mese;

– querele bavaglio, sono diventate una vera emergenza democratica: se si vuole impedire a un giornalista di fare il proprio mestiere basta fargli arrivare una richiesta di risarcimento milionario. In Senato giace la proposta di legge, un unico articolo;

– legge sull’equo compenso 233/ 2012, non è mai stata attuata. Fissa una soglia minima di pagamento in un mercato del lavoro che vede articoli pagati cinque, sette o addirittura un euro;

– abolizione del cococo, il collaboratore coordinato e continuativo è una figura impiegata in maniera massiccia nel settore editoriale e che maschera lo sfruttamento selvaggio di quelli che sono stati definiti “braccianti” o “rider” dell’informazione, giornalisti che svolgono lo stesso lavoro dei dipendenti ma senza tutele; la norma era stata inserita nel Milleproroghe del 2019, e affossata all’ultimo miglio;

– riforma della Rai, si invoca il varo di una legge che sottragga la governance ai governi in carica, restituendo all’azienda il ruolo di servizio pubblico che sta alla base della sua attività;

– riforma del sistema delle provvidenze pubbliche: cooperative, minoranze, emittenza radio tv locale, basta con i contributi a pioggia, vanno premiate solo le aziende che fanno buona informazione e danno occupazione regolare.

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