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Cemento sulla spiaggia. Di nuovo. Accade a Francavilla al Mare, lungomare sud. Un edificio cadente che viene ristrutturato. Permessi in regola, a quanto pare. Basati però sulla autorizzazione originale, vecchia di decenni. È proprio questo il problema: la burocrazia in Italia, nonostante quasi ogni governo abbia inutilmente promesso di riformarla, ha tempi biblici. Le situazioni invece evolvono in fretta. Viviamo in un’epoca segnata da evidenti cambiamenti climatici e questo, insieme alle caratteristiche geologiche del territorio, rende l’Italia un paese fragile. Più che mai sulle coste. Negli ultimi decenni il livello medio degli oceani è cresciuto di 3,4 mm l’anno, una accelerazione che tutti gli esperti giudicano allarmante e che, secondo le stime degli scienziati, avrà effetti gravissimi nel Mediterraneo, un mare chiuso, e ancor più nell’Adriatico. Secondo gli scenari elaborati dall’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, entro il 2100 l’attuale morfologia del territorio italiano sarà completamente stravolta a causa dell’allagamento di vaste aree di pianura costiera (addirittura fino a 5.500 kmq!) con conseguenze devastanti.  

Non bisognerà aspettare fine secolo per verificare la fondatezza di questi studi: basta osservare già oggi l’arretramento generalizzato delle nostre spiagge a dispetto di scogliere artificiali e continui ripascimenti. Autorizzare nuove costruzioni in un momento come questo è una scelta assurda. Più che mai in Abruzzo, regione che sarà profondamente toccata dai cambiamenti in atto: negli scenari elaborati da ENEA sono indicate, tra le aree costiere adriatiche a maggior rischio inondazione per l’innalzamento del mare, anche Martinsicuro, Pescara e Fossacesia. Qui gli effetti peggiori, ma sarà ovviamente l’intero litorale a risentirne. Eppure si continua a ignorare il problema. Fanno scuola in senso negativo il cantiere aperto a Francavilla e i due stabilimenti balneari progettati a pochi passi dalla battigia a Fossacesia. 

La salvaguardia della costa sembra lasciare indifferente la politica locale che non può in alcun modo trincerarsi dietro l’alibi di competenze che spettano ai funzionari: se le scelte le facessero davvero soltanto i dipendenti comunali non avrebbe più alcun senso eleggere e pagare sindaci e assessori!  

«Al di là dei singoli casi – dichiara la presidente del WWF Chieti-Pescara Nicoletta Di Francesco – chiediamo alle amministrazioni comunali costiere tutte di prendere atto dei cambiamenti in atto e di ragionare in prospettiva futura, smettendola di seguire logiche del passato, quelle che hanno consentito dal dopoguerra e sino a pochi decenni or sono la devastante cementificazione di buona parte del litorale abruzzese di cui oggi paghiamo le conseguenze. Cambiare si può e chi è investito della gestione della cosa pubblica dovrebbe avere il dovere e la lungimirante capacità di farlo».