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 Lutto nel mondo del softball: si è spento oggi all’ospedale dell’Aquila Enrico Obletter, 62 anni, allenatore della Nazionale italiana. Obletter era nato a Sidney, ma in realtà si è sempre coniderato abruzzese a tutti gli effetti perché il padre è nato a Chieti ed Enrico aveva vissuto nel capoluogo teatino per tanti anni. A dare notizia dell’accaduto è stato nel tardo pomeriggio odierno il presidente della Fibs, federazione italiana baseball e softball, Andrea Marcon.

Questa la nota integrale di Macron:

Il mondo del softball italiano piange oggi la scomparsa del suo rappresentante più emblematico: il covid, in pochi giorni, ha portato via Enrico Obletter, creatore, mente e cuore, del progetto che, in tre anni, ha collocato l’Italia nell’élite assoluta della ‘palla gialla’ mondiale, con la conquista del titolo europeo e della qualificazione per i Giochi.

È molto difficile, per chi scrive, pigiare questi tasti, trovare le parole giuste per descrivere lo sgomento, l’incredulità di fronte a questa notizia e dipingere adeguatamente il valore dell’uomo e il senso di perdita, ma è inequivocabile e universalmente comprensibile che, se un gruppo, molto giovane e talentuoso, di atlete impara così rapidamente a crescere, soffrire e vincere insieme, al punto di auto-definirsi ‘sorelle’, dietro c’è l’inconfondibile opera di chi ha saputo, con lucidità e passione prenderle per mano, incarnando il ruolo non solo del tecnico, vincente quale è stato Enrico, ma anche del burbero, affidabile, infaticabile ‘papà’.

Il Presidente Andrea Marcon, che è rimasto in continuo contatto per gli aggiornamenti nelle ultime, drammatiche giornate, ha voluto affidare a una lettera indirizzata proprio a lui le parole di commiato da chi è stato più di un collaboratore e un amico:

Caro Enrico,

in queste ore, da quando ho ricevuto la notizia del peggioramento delle tue condizioni cliniche, continuo a leggere e rileggere gli ultimi messaggi che ci siamo scambiati. Messaggi di affetto, legati all’amicizia che ci lega da ormai 30 anni e dal tuo voler essermi vicino in questi mesi così complicati. Parlare di te non è facile perché nel mio ruolo dovrei ricordare il grande allenatore, il condottiero che più di ogni altro in Italia ha saputo portare in trionfo le squadre che ha allenato.

E invece non riesco a pensare agli scudetti, alle coppe, ai titoli con la Nazionale e alla Qualificazione Olimpica. Non ci riesco perché davanti ai miei occhi ho solo l’uomo generoso, dal cuore grande e sincero.

Fra le tante cose che ho imparato da te c’è anche il fatto di aver compreso che si può avere un rapporto lavorativo importante, come quello che lega un Presidente di Federazione al proprio allenatore della Nazionale, tenendo separati l’amicizia e l’affetto. Noi abbiamo parlato, discusso, litigato, ma ci siamo sempre confrontati da uomini leali perché insieme, ognuno nel proprio ruolo, sapevamo di perseguire un risultato comune.

Mi mancheranno le chiacchierate nella stanza dei fisio, con davanti quel caffè preparato con la moka che Elio porta in ogni angolo di mondo e quelle risate a crepapelle con i tuoi racconti di vita vissuta sui campi di softball.

Mi mancheranno le volte in cui mi spiegavi il perché delle tue scelte, nonostante io ribadissi che non mi dovevi dire niente perché non rientra nei miei compiti discuterle. E ogni volta che ti rispondevo così mi guardavi e ripetevi: “tu sei il mio Presidente e tu devi sapere.”

Chiudo gli occhi e rivedo l’abbraccio di Utrecht, dopo la vittoria sulla Gran Bretagna, e sento ancora le tue parole: “sono contento di non averti deluso.” E la mente corre subito a Ronchi dei Legionari, alla vittoria dell’Europeo Under 19 quando ti sei sentito male per l’emozione di aver portato al titolo Europeo quella Nazionale per cui avresti fatto di tutto. Non ti eri nemmeno accorto di aver fatto venire le lacrime agli occhi al direttore dell’albergo che, dopo aver origliato il tuo ultimo discorso alla squadra prima di salire sul bus, disse: “vorrei andare in campo io a giocare questa partita per lui.”

Magnetico, competente, vincente. Ma soprattutto un grande amico mio e del softball italiano e mondiale.

Caro Enrico, rileggo ancora i tuoi messaggi e, dal profondo del mio cuore, ti dico che sono immensamente orgoglioso di averti avuto come allenatore della mia Nazionale.

Fai buon viaggio fratellone. Ti voglio bene.

Andrea Marcon

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