L’avvocato Tommaso Navarra ha illustrato l’esposto di WWF e Legambiente Abruzzo. Alla luce degli ultimi report di ARTA, lo scopo è uno solo “la salute e l’ambiente degli abruzzesi non possono più aspettare. I siti inquinanti di Bussi vanno bonificati, costi quel che costi”.
“Non a caso siamo qui accanto all’elefante: vogliamo sottolineare l’elefantiaco comportamento della pubblica amministrazione, Ministero in testa, incapace di tutelare in tempi ragionevoli la salute dei cittadini e dell’ambiente anche a fronte di un caso clamoroso come quello rappresentato dalle discariche di Bussi Officine”: ha esordito così Filomena Ricci, delegato regionale del WWF Italia nella conferenza stampa tenuta questa mattina a Pescara insieme a Giuseppe Di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo, e all’avv. Tommaso Navarra che nella lunga vicenda giudiziaria connessa alle discariche ha rappresentato entrambe le associazioni.
“Le analisi dell’ARTA – ha continuato Giuseppe Di Marco – confermano che la situazione ambientale connessa a quel sito è tutt’altro che tranquilla: i rifiuti abusivamente interrati per decenni continuano a inquinare terra, acque e aria mentre tra Ministero dell’Ambiente (che ha nei fatti fermato il procedimento di bonifica già avviato) da una parte, Regione e Arta dall’altra è in corso una battaglia giudiziaria francamente assurda: l’interesse di tutte le autorità competenti dovrebbe essere quello di arrivare alla bonifica e di farla materialmente pagare a chi ha inquinato: un obiettivo che andrebbe perseguito insieme confrontandosi su tavoli istituzionali, non certo in un’aula di tribunale”.
WWF e Legambiente hanno ricordato che da sempre, insieme alle tante associazioni e ai movimenti che si sono occupati della questione Bussi, sostengono che la vera giustizia può essere rappresentata soltanto dalla bonifica di quella che, non a torto, è stata definita la discarica abusiva più grande d’Europa. “Lo abbiamo detto e ripetuto – ha sottolineato l’avv. Tommaso Navarra – anche nelle aule dei tribunali, per anni e in innumerevoli udienze: l’individuazione e la condanna dei colpevoli non potevano essere nient’altro che un atto preliminare per arrivare a risanare un territorio violato in maniera devastante soltanto per andare alla ricerca di una industrializzazione ormai diventata anti-storica e che oggi dimostra, con il suo lascito inquinante, l’assenza di lungimiranti strategie di duraturo sviluppo economico”.
Di Bussi Officine e delle sue discariche (2A e 2B, oggi al centro dell’attenzione e “Tremonti”) si parla con continuità dal 2007, dopo la scoperta (meglio sarebbe tuttavia dire la “riscoperta”) da parte dell’allora Corpo Forestale dello Stato di rifiuti interrati abusivamente nella discarica Tremonti. Il vero inizio c’era tuttavia stato molti decenni prima: nel 1972 l’assessore comunale di Pescara Giovanni Contratti denunciò pubblicamente la situazione di Bussi puntando l’indice contro Montedison. Il risultato fu per lui una sorta di damnatio memoriae mentre la questione inquinamento veniva tranquillamente dimenticata alla luce dei consueti discorsi sulla salvaguardia dell’occupazione e del motto “quieta non movere et mota quietare” che troppo spesso e da troppo tempo è, non solo qui in Abruzzo, alla base della gestione della cosa pubblica.
Ci si è mossi dunque con 35 anni di ritardo rispetto alle prime segnalazioni! Dal 2007 a oggi sono trascorsi inoltre altri 13 anni, e i rifiuti sono ancora lì. Recentemente l’ARTA ha ufficialmente testimoniato che “le attività di controllo condotte a partire dal 2015 hanno accertato l’inefficacia delle misure di prevenzione in essere nelle aree situate a monte dello stabilimento”. In particolare non hanno funzionato né gli interventi di capping, ovvero di copertura e impermeabilizzazione della discarica, né il sistema di emungimento delle acque sotterranee, vale a dire il procedimento che permette di prelevare l’acqua di falda, depurarla con carboni attivi e rimetterla in circolo. Questo significa in buona sostanza che i rifiuti continuano a inquinare, il terreno, le acque e l’aria (per l’immissione in atmosfera di contaminanti volatili), in maniera certamente preoccupante. “Per questo – ha spiegato l’avv. Navarra – Legambiente e WWF, che da sempre seguono le vicende delle discariche anche con la diretta partecipazione alle diverse e lunghissime vicende giudiziarie, hanno chiesto attraverso un esposto l’intervento della Procura della Repubblica perché accerti ogni responsabilità e intervenga al fine di accelerare la rimozione dei rifiuti, unica strada possibile per garantire un futuro migliore a quel territorio”.