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L’impatto del Coronavirus sulla vita delle persone: ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Francesca Di Sipio, psicologa clinica, psicoterapeuta, analista-transazionale ad approccio integratosvolge la sua attività sul territorio di Chieti e di Pescara e cura il portale web psicoterapia-chieti-pescara.it/

Come psicologa come leggi l’evento virus nelle vite delle persone?

Questo evento può avere 3 chiavi di lettura: quello personale, che come psicologi chiamiamo intrapsichico, quello interpersonale, legato cioè alle relazioni e quello sociale che è il combinato disposto ma anche arricchito del primo e secondo aspetto. 

Abbiamo assistito a momenti diversi, alcuni sembrano così lontani: qualcuno che negava, poi il panico, che è la pura agita senza criterio, che genera una vulnerabilità maggiore. Adesso pare che abbiamo interiorizzato le giuste informazioni, il numero che nasce dalla proporzione dei controlli sulle sanzioni suggerisce che ci stiamo comportando con responsabilità e nel rispetto delle regole. 

Le relazioni da un lato si sono consolidate e dell’altro frantumate, se penso alle ricerche assurde di colpevoli o untori.

Sostanzialmente, però, abbiamo imparato, perché è così che la specie sopravvive e si conserva: attraverso un grande senso di adattamento. 

Quali sono gli effetti dell’isolamento nella psicologia delle persone?

Gli effetti veri e propri di un isolamento così generalizzato non si possono conoscere, semplicemente perché nell’epoca moderna è una situazione straordinaria e nuova. 

Possiamo però ipotizzare che il momento difficile possa innanzitutto acuire situazioni di disagio individuale o familiare: penso a chi ha problemi di depressione o a chi vive conflittualità in famiglia ed è costretto alla convivenza. 

Penso alle situazioni in cui la fragilità o la malattia erano presenti anche prima dell’emergenza: persone che ora si trovano a gestire una complessità di gran lunga maggiore. 

Poi penso ai malati di Covid 19 e ai congiunti, colpiti nella propria pelle, feriti da distanze abissali perché in città diverse o perché si è ricoverati. Penso a chi ha perso dei cari.

Siamo dentro un trauma collettivo generale. A tal proposito la psicologia ci insegna che dal trauma si può “guarire”. Quella parola che in questi anni ha molto risuonato nei media, la parola resilienza dovrà essere l’obiettivo primario, anzi deve essere l’obiettivo primario già oggi. Perché quanto più precoce è l’intervento tanto più grandi sono i benefici e meno pervasive le conseguenze. 

Nel trauma l’emisfero destro e quello sinistro è come se si scollassero e non comunicassero più. La terapia, che è un dialogo trasformativo, permette, e lo dicono le neuroscienze, di riconnettere questi due emisferi.

Impariamo che possiamo chiedere aiuto, anche ora perché la terapia e la consulenza on line funzionano e non sono un’improvvisata del momento. Da anni con altri colleghi la pratichiamo e ci interroghiamo sulla sua validità e ci siamo sempre risposti che è possibile e utile abitare i nuovi mezzi per arrivare alle persone. 

Cos’altro puoi consigliarci?

Evitare gli atteggiamenti da bulimici dell’informazione. Evitare di fagocitare tutto senza vagliarne la qualità, l’attendibilità. Fidarsi dei sanitari. Ritagliarsi momenti di individuazione in famiglia. Con la musica, con un libro, con l’appartarsi. Abbinare ritiro e condivisione come se fossero due movimenti di un unico respiro. Darsi il permesso di sentire la paura e lo sconforto, la rabbia o l’angoscia, perché è normale provarli. Perché se è vero che in questo momento possiamo godere di più della casa e degli affetti, è pur vero -e non possiamo scotomizzarlo- che lo stiamo facendo mentre fuori il clima è tragico, sconfortante. Inoltre possiamo nutrire le relazioni buone, che, anche se virtuali, possono rappresentare una grande risorsa. 

Per i bambini?

I bambini è bene che stiano dentro, se vivete in città, non lo dico io, lo dicono i pediatri. Ai bambini il virus può, anzi deve essere spiegato. Con parole semplici e concrete, dando voce alle emozioni. Perché i bambini, altrimenti, cercheranno spiegazioni per questa condizione con i loro mezzi e sappiamo come clinici che spesso queste spiegazioni sono autocentrate e colpevolizzanti. Esplicitare decristallizza le paure e ridona un senso dinamico di vitalità sia ai bambini e sia agli adulti.