Grazie alla posizione ferma del Ministero delle
Infrastrutture, della Procura di Avellino e del GIP, Autostrade per
l’Italia Spa da qualche giorno sta finalmente lavorando alacremente
sulla Pila 1 del Viadotto Cerrano. Dalle immagini che abbiamo raccolto
ieri appaiono in corso perforazioni per quello che sembra il
posizionamento di micropali di consolidamento. A breve, da quanto
leggiamo, dovrebbero essere installati i sensori profondi per i
monitoraggi completi richiesti dagli ingegneri del Ministero che si
aggiungono a quelli già esistenti. Finalmente abbiamo, in un paese che
pare non imparare mai dalle tragedie, anche un Piano di Emergenza
condiviso da tutti gli enti, nonostante all’inizio il concessionario
pretendesse di usare non il piano specifico richiesto dal MIT ma il suo
già redatto.
Sul
viadotto Cerrano abbiamo avanzato richiesta di accesso agli atti presso
la prefettura di Teramo e al MIT perché vorremmo capire, visto che ci
sono in gioco la sicurezza dei cittadini, disagi infiniti delle imprese e
grandi interessi del concessionario, esattamente cosa si sta facendo,
con quale obiettivo, con che mezzi e in che tempi. Siamo interessati
anche a capire come si intende affrontare nel medio e lungo periodo la
situazione della frana che incombe su una delle più importanti
infrastrutture italiane. Basta consultare le carte della regione che
evidenziano l’estensione dei movimenti franosi nell’area per capire la
sua vulnerabilità (a poche centinaia di metri sullo stesso versante una
frana interessò il gasdotto Snam pochi anni fa con conseguenze
gravissime). Quali lavori sono programmati? Da chi? Con quali tempi?
Certo non si può rimanere ad aspettare che la frana si muova in maniera
consistente.
In
realtà sono giorni che chiediamo agli enti trasparenza e di pubblicare
sui loro siti WEB tutta la documentazione sul caso, dalle relazioni
tecniche, ai progetti alla corrispondenza. Lo abbiamo chiesto ai comuni.
Lo potrebbero fare MIT e Autostrade. In 40 giorni abbiamo sentito molte
chiacchiere, molta propaganda, molto populismo spiccio, dalle tentate
telefonate ad Avellino (!) fino alle dichiarazioni di emergenza con
200 milioni di euro richiesti allo Stato. Alcune di queste addirittura
avanzate da chi votò nel 2008 la blindatura per legge delle convenzioni
autostradali con il famigerato art.9bis che, fino a quando sarà ritenuto
valido, taglia le unghie a qualsiasi azione decisa dello Stato nei
confronti dei concessionari. Infatti, anche in caso di inadempienze di
ogni genere, in caso di rescissione lo Stato dovrebbe comunque pagare i
profitti previsti fino alla scadenza naturale della concessione (ora nel
milleproroghe è stata introdotta una modifica contro cui si è scagliata
l’associazione dei concessionari). Oppure richieste sacrosante, come
quelle sui pedaggi che si continuano a pagare nonostante i disagi,
portate però avanti da chi contemporaneamente difende a spada tratta e
con zelo degno di miglior causa le convenzioni che non prevedono alcuna
possibilità per lo Stato di sospendere i pedaggi, decisione lasciata
alla sola munificenza del concessionario come accaduto sotto Natale.
Nelle centinaia di dichiarazioni di amministratori e politici spesso la
parola ASPI faceva fatica addirittura a comparire. Singolare,
a nostro avviso, che non si sia visto da tutti in Autostrade per
l’Italia il soggetto a cui chiedere conto fino in fondo di quanto sta
accadendo.
In
queste settimane non abbiamo aggiunto parole in un dibattito sterile e
abbiamo solo cercato, nel nostro piccolo, di far circolare un po’ di
informazioni fondate sulle carte, sui dati esistenti e non sulle
chiacchiere. La vertenza che bisognava aprire con Autostrade per
ottenere quello che da anni il MIT sta chiedendo, magari con qualche
manifestazione davanti al settimo tronco a Città S.Angelo, è stata
spostata volutamente in mille rivoli inutili. Interessante notare che, a
parte qualche comunicato stampa il concessionario, con il suo
management si stia ben guardando dal comparire assiduamente e rispondere
ai massimi livelli davanti alle TV nazionali.
Vogliamo
sottolineare che sulle barriere new-jersey lo Stato fin dal 2015 ha
individuato il problema nell’irregolare procedura di sostituzione degli
ancoraggi, censurabile anche secondo la Procura. Da allora sta chiedendo
ad Autostrade di risolverlo. Non certo con le omologhe fatte a
posteriori pretese dal concessionario, querelle che ha portato via 5
(cinque) preziosi anni con ben due pronunciamenti del Consiglio
Superiore dei Lavori Pubblici, ma con sostituzioni secondo le richieste
del MIT che, ancora a giugno 2019 a leggere il decreto del GIP,
Autostrade respingeva. Il tutto secondo il programma di priorità stilato
dal Ministero l’estate scorsa. Come al solito solo l’intervento della
Magistratura ha sbloccato i primi lavori di cantierizzazione, peraltro
solo sul tratto marchigiano. Anche su questo aspetto vorremmo capire
come e in che tempi Autostrade Spa ha intenzione di procedere visto che
anche ieri c’erano code incredibili. Sinceramente, più che ai risvolti
penali con le inchieste che faranno il loro corso e verificheranno la
sussistenza eventuali reati, siamo interessati alle soluzioni.
Certo
è che sta mancando una riflessione profonda sul reale stato delle
infrastrutture nel paese, visto che si continuano a prospettare grandi
nuovi interventi quando non riusciamo a garantire la manutenzione
dell’esistente. E, sul nuovo, invece di pensare a terze corsie,
bisognerebbe investire eventuali denari pubblici nel trasferire
finalmente il trasporto delle merci su rotaia.