Attivazione del dipartimento delle professioni sanitarie e degli ambulatori infermieristici nelle quattro province abruzzesi, presa in carico del paziente fragile e riorganizzazione della rete assistenziale sul territorio con l’introduzione della figura dell’infermiere di famiglia. Sono queste le proposte avanzate dall’Ordine delle Professioni Infermieristiche (OPI) di Pescara nel corso dell’incontro “Com’è cambiata la sanità pubblica e privata in risposta ai nuovi determinanti della salute” che si è tenuto questa mattina all’Auditorium Petruzzi di Pescara.
Il convegno, organizzato dal consiglio direttivo dell’OPI Pescara presieduto da Irene Rosini, è stato moderato da Elisa Di Tullio e Giuseppe di Maggio, e ha visto la partecipazione di un nutrito parterre di relatori: Carla Collicelli, ricercatore senior associato Cnr-Itb; Tonino Aceti, portavoce Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI); Tullio Spina, anestesista e rianimatore; Alessio Sichetti, vicepresidente dell’OPI di Pescara e coordinatore infermieristico al Pronto Soccorso; Irene Rosini, presidente dell’OPI di Pescara e coordinatrice infermieristica della Terapia Intensiva; Barbara Mangiacavali, presidente della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI).
La carenza ordinaria e straordinaria di infermieri in Abruzzo, le criticità rilevate in alcuni reparti dell’ospedale civile di Pescara e l’analisi dei bisogni di salute dei cittadini sono state discusse nel corso della tavola rotonda finale con l’assessore regionale alla Sanità Nicoletta Verì e con i presidenti dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Pescara (Irene Rosini), Chieti (Giuseppe Cicolini), L’Aquila (Maria Luisa Ianni) e Teramo (Cristian Pediconi). Il dibattito si è chiuso con un impegno preciso da parte della Regione: la firma, nelle prossime settimane, di un protocollo che andrà a istituire un tavolo tecnico permanente tra le istituzioni e i rappresentanti dell’Ordine degli infermieri per realizzare la necessaria integrazione fra i servizi ospedalieri e territoriali. L’integrazione ospedale-territorio, infatti, come ha garantito l’assessore Verì, farà parte del nuovo piano territoriale compreso nel piano di rientro dal disavanzo sanitario.
La necessità di riorganizzare la rete assistenziale sul territorio si somma al problema cronico degli organici ridotti all’osso che pregiudica la qualità e la sicurezza delle cure per i cittadini. Complessivamente, com’è stato reso noto nel corso dell’incontro “Com’è cambiata la sanità pubblica e privata in risposta ai nuovi determinanti della salute”, in Abruzzo mancano all’appello 2.482 infermieri tra carenze ordinarie e straordinarie, pensionamenti previsti e raggiungimento di quota 100. Di contro, il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento delle cronicità e del numero di pazienti complessi portano all’insorgenza di nuovi bisogni assistenziali e alla crescita degli accessi al Pronto Soccorso. Solo a Pescara ogni anno si verificano 95mila ingressi: un numero enorme se si considera che il 20% delle prestazioni potrebbe essere erogato negli ambulatori di zona. In parallelo aumenta anche il tasso di occupazione in alcuni reparti critici dell’ospedale: nel primo semestre 2019 Geriatria ha raggiunto il 149%, a fronte del 121% registrato a dicembre 2018, mentre Medicina generale ha toccato il 109% rispetto all’88% dello scorso anno.
“C’è bisogno di un cambiamento culturale nella gestione dell’assistenza primaria e delle cronicità con un miglioramento nell’accesso alle cure – sottolinea Irene Rosini – si stima che un coordinamento assistenziale inadeguato comporta una spesa di 2,58 miliardi di euro all’anno. L’attivazione del dipartimento delle professioni sanitarie, come riportato negli atti aziendali, è fondamentale perché soltanto attivandolo possiamo avere il riconoscimento culturale della professione infermieristica. È dimostrato che gli infermieri con competenze avanzate, gli infermieri specialistici clinici e gli infermieri nei dipartimenti di emergenza hanno un impatto positivo sulla qualità delle cure, sulla soddisfazione dei pazienti e sui costi sanitari, ma anche sul tasso di ospedalizzazione e sulla gestione stessa delle patologie croniche”.