CONDIVIDI

Una patologia post-tumorale cronica, che può rivelarsi gravemente invalidante e con la quale occorre convivere per tutta la vita, ma anche una patologia che è possibile prevenire, contrastare e contenere. Se ne è parlato questa mattina, nell’auditorium dell’Hotel Villa Maria di Francavilla al Mare, nella prima delle due giornate del convegno internazionale, organizzato da Resilia, Italian Lymphoedema Network e Associazione italiana fisioterapisti, dal titolo: “Linfedema – Cos’è, cosa fare, come convivere con questo difficile partner”.

In Abruzzo sono 1.200 le persone esposte al rischio di contrarre il linfedema di tipo secondario, che si differenzia da quello di tipo primario, di natura genetica, sviluppandosi principalmente in seguito ad interventi chirurgici di tipo oncologico, nell’ambito dei quali è prevista l’asportazione dei linfonodi.

Tre anni fa il Governo, a livello nazionale, ha fissato le linee di indirizzo che prevedono non solo il riconoscimento della patologia, ma anche tutti i setting assistenziali possibili: dall’assistenza ambulatoriale a quella in day hospital, fino alla degenza riabilitativa per i casi che necessitano di monitoraggio continuo o siano espressione di intrasportabilità. Solo poche Regioni, tra le quali non figura l’Abruzzo, hanno però recepito la normativa, organizzando i propri hub locali o consorziandosi con altre Regioni limitrofe.

L’assessore regionale alla Sanità, Nicoletta Verì, intervenendo al convegno, ha assunto impegni precisi. “La Regione non ha ancora recepito le linee guida, ma posso garantire che porremo un’attenzione particolare su questo tema – dice l’assessore -. Si tratta peraltro di una patologia che conosco molto bene, perché nella mia vita professionale ho seguito molti pazienti alle prese con queste problematiche”. Verì fa sapere che, in ogni caso, la Regione già prevede alcune prestazioni riguardanti il linfedema secondario, “per ciò che concerne gli interventi riabilitativi, sia nella fase acuta che nella fase cronica, in particolare in riferimento al linfodrenaggio”. L’assessore aggiunge che “trattandosi di una patologia multidisciplinare, valuteremo l’idea di avviare dei Percorsi diagnostici-terapeutici assistenziali, in modo da poter avere nella nostra Regione quelli che sono dei protocolli ben precisi”.

In mattinata, subito dopo i saluti di Stefano Maceroni (AIFI Abruzzo), Lucilla Gagliardi (Ordine dei Medici di Chieti), Annarita Frullini (GISeG Abruzzo) e Miriam D’Ascenzo (FIDAPA Portanuova), ha avuto inizio il convegno moderato dalla giornalista Rai Livia Azzariti: sono intervenuti i professori Angela Di Baldassarre e Massimo Amatetti (Università d’Annunzio di Chieti Pescara), Francesco Fanfani (Policlino Gemelli di Roma), Ettore Cianchetti (Responsabile Progetto Eusoma dell’Ospedale di Ortona), Roberta Lazzari (Istituto Europeo Oncologico di Milano), Lucio Mango (Ospedale Forlanini di Roma), Sandro Michelini (Ospedale San Giovanni Battista di Roma).

“Il linfedema secondario colpisce varie regioni del corpo, ovvero arti, organi genitali e volto, a seconda della patologia – spiega il professor Michelini  che insorge quasi sempre in seguito ad interventi per tumore per neoplasia.  Sappiamo che in Italia circa 2,2 milioni persone sono affette da cancro – prosegue l’esperto – e di queste oltre il 60% supera i 5 anni di sopravvivenza, grazie alle diagnosi più precoci e ai trattamenti sinergici”. Il professore osserva, in particolare, che “in Italia si registrano ogni anno 45mila nuovi casi di cancro alla mammella e di questi almeno il 20% sviluppano un linfedema secondario al braccio, una patologia che va trattata nel tempo come patologia cronica, spesso soggetta a complicanze infettive e di altra natura, che vanno ad interessare anche altre articolazioni, per cui la disabilità che ne deriva può raggiungere vari gradi”.

Angela Di Baldassarre, professoressa dell’Università d’Annunzio, è responsabile del Progetto Eusoma in tandem con il professor Cianchetti.  “E’ un progetto finanziato dalla Regione, nell’ambito del quale ci siamo occupati  di quella parte che il professor Cianchetti chiama medicina integrata – mette in luce la professoressa – riguardante la somministrazione dell’esercizio fisico nelle donne che sono uscite dal percorso di radioterapia o chemioterapia in seguito a carcinoma mammario”. L’obiettivo è quello di accrescere il benessere psicofisico delle pazienti. “In due anni abbiamo monitorato oltre 1.000 donne, circa 300 delle quali hanno avuto modo di seguire questo percorso gratuito all’interno delle Asl – fa sapere Di Baldassarre -. Sono cicli di 3 settimane di attività fisica e il riscontro che abbiamo avuto è stato assolutamente positivo, dal momento che i dati scientifici che abbiamo raccolto evidenziano non solo una riduzione del linfedema nelle pazienti che ne erano affette, ma anche una riduzione degli ormoni dello stress, una migliore capacità di dormire e più in generale un benessere della donna che altrimenti non ci sarebbe stato”.

La dottoressa Roberta Lazzari, dell’Istituto Europeo Oncologico di Milano, si è soffermata sull’impatto della radioterapia, una delle tre armi contro i tumori, nella comparsa del linfedema. “L’impatto è sicuramente inferiore rispetto a quello della chirurgia, ma essendo la radioterapia variamente associata alla chirurgia, ne può peggiorare gli effetti collaterali – evidenzia Lazzari -. I dati sono discordanti, perché quando si esegue solo la radioterapia, ad esempio nella malattia della mammella, non supera un’incidenza tra il 4 e il 7%, mentre raddoppia o triplica quando si associano chirurgia e radioterapia. Inoltre nelle malattie ginecologiche il linfedema è più presente, mentre in quelle del retto no, sebbene vengano trattate più o meno nello stesso modo – rileva la dottoressa -. In ogni caso, partendo dal presupposto che il cancro va comunque curato, gli effetti collaterali possono essere previsti, affrontati, contenuti e curati, ma è importante intervenire il prima possibile”.

Nel pomeriggio la seconda sessione del convegno, alla quale hanno preso parte il medico ed ex parlamentare Vittoria D’Incecco (Ospedale di Pescara), il dottor Francesco Greco (Poliambulanza Brescia) e il ricercatore Guido Gabriele (Università di Siena). Quindi è stata la volta della lectio magistralis del professor Hakan Brorson, del Lymfodemcentrum Lunds dell’Università di Malmo.

“Abbiamo un’esperienza di oltre 25 anni sulle terapie post-tumorali riguardanti i linfedemi agli arti superiori ed inferiori,  questi ultimi insorti dopo la rimozione di tumori nelle aree dell’inguine o della prostata – mette in luce Brorson -. Ci occupiamo di rimuovere i depositi adiposi che si accumulano nei tessuti a causa del linfedema e quando nel 1997 presentai i risultati in un convegno internazionale a Madrid ci presero per pazzi, dicendoci che questi depositi avvenivano in Svezia a causa della nostra alimentazione, ma non nei paesi mediterranei che godono di un’alimentazione migliore, mentre oggi  si sa che il linfedema provoca depositi di adipe”. L’esperto poi spiega genesi e modalità delle tecniche utilizzate in Svezia. “Quando ci trovavamo di fronte ad un linfedema, ad esempio con un deposito di 4 litri di liquido linfatico all’interno di un arto, notammo che con i bendaggi compressivi si riusciva a ridurre il deposito a 2 litri, ma altri 2 litri restavano – dice Brorson -.  Io sono un chirurgo plastico e mi resi conto che l’unico modo per rimuovere questo ulteriore deposito di tessuto adiposo era quello di intervenire chirurgicamente con l’asportazione di questo tessuto.  In questo modo riusciamo a ristabilire le condizioni iniziali del paziente affetto da linfedema – conclude il professore -. Dopo il nostro intervento il paziente deve comunque applicare dei bendaggi compressivi per tenere il linfedema sotto controllo, ma la nostra esperienza evidenzia che non ci sono recidive”.

La terza ed ultima sessione della giornata è stata caratterizzata dagli interventi della dottoressa Marina Cestari (Asl di Terni), del professor Giulio Gobbetti (Casa di cura Villa Regina di Arco), di Elisabeth Russo, Silvia Sichetti e Maria Conte (Istituto Don Orione di Pescara), della dottoressa Roberta Serrani (Ospedali Riuniti di Ancona), di Angelo Di Matteo (Ordine dei Tecnici Sanitari Radiologia Medica) e di Maria Antonietta Salmè (Assoicazione Resilia).

Nella giornata di domani, domenica 8 settembre, sempre nell’auditorium dell’Hotel Villa Maria di Francavilla, si terrà un corso formativo riservato ai fisioterapisti, in concomitanza con la Giornata mondiale della fisioterapia.

CONDIVIDI