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La Corte d’Appello de L’Aquila, dopo circa quattro ore di camera di consiglio, ha condannato Giovanni Iacone a 17 anni di carcere riducendo la pena stabilita, in primo grado, dal giudicedell’udienza preliminare del Tribunale di Chieti Isabella Maria Allieri che aveva condannato a 30 anni di reclusione il quarantanovenne che l’11 gennaio del 2017 uccise brutalmente a Francavilla al Mare la psicologa Monia Di Domenico, 45 anni, originaria di Corropoli, proprietaria dell’appartamento in cui l’imputato viveva in via Monte Sirena a Francavilla. La Di Domenico si era presentata per riscuotere due mesi di affitto arretrati.

Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila ha condannato Iacone a 16 anni per l’omicidio, al quale va aggiunto un altro un anno per il reato di occultamento di cadavere.

La pena è stata ridotta perchè i giudici aquilani non hanno ritenuto sussistente l’aggravante della crudeltà, riconosciuta invece in primo grado. Iacone, difeso dall’avvocato Emanuela De Amicis, non era in aula, mentre erano presenti i genitori della vittima, Doretta e Aldo Di Domenico, costituitisi parte civile tramite l’avvocato Giuliano Milia.

IL POST DELL’AMICA BARBARA ORSINI.

“Mi chiamo Monia e oggi sono morta per la seconda volta. E con me sono morti mia madre e mio padre. Le mie meravigliose amiche. I miei adorati cugini, zia Diamantina…sapeste quanto mi mancate. Mi chiamo Monia e oggi sono morta per la seconda volta. Le 16 sassate che mi hanno sfondato il cranio valgono 17 anni di galera per chi mi ha sfigurata fino a spostarmi un occhio dietro l’orecchio. 16 sassate… 17 anni. Mi chiamo Monia e oggi sono morta per la seconda volta. Quando mi ha afferrato da dietro fino a spezzarmi la glottide per soffocarmi ho avuto paura. Forse ho capito tutto. Non respiravo più e non potevo urlare aiuto. Il mio terrore è valso 17 anni. 17 anni. Mi ha scaraventata sul tavolino di cristallo del salottino della nostra casa al mare. Ho rivisto i miei compiti in cucina, la sabbia sui piedi, l’odore del sugo della mamma, la chiave di papà che apriva la porta tornando dal lavoro. Mi ha SCANNATA con un pezzo di vetro spingendo forte, forte, sapeste quanto forte. Il mio sangue che ha cominciato a schizzare ovunque è valso 17 anni. 17 anni. Si è allontanato qualche istante, è tornato con un lenzuolo. Mi ha avvolta. Grondavo sangue. Avevo freddo, ero fredda. 17 anni. Mi ha trascinata in quel sudario che puzzava del mio sangue fino a gettarmi in un sottoscala. Il mio cuore si è fermato dopo 33 minuti. Ho smesso di respirare dopo 33 minuti. Mi ha lasciata sola scappando via, finalmente via. Mi chiamo Monia e oggi sono morta per la seconda volta. Essere riconosciuta dalla mia mamma dalle gambe non può valere 17 anni di galera. Essere vestita dalle mie amiche non può valere 17 anni di galera. Essere accarezzata dal mio papà mentre mi si spostava la parrucca che le mie amiche mi hanno sistemato sulla testa sfondata, rasata, aperta non può valere 17 anni di galera. MI CHIAMO MONIA E OGGI SONO MORTA PER LA SECONDA VOLTA”.