Nel rivolgere le mie felicitazioni al presidente del Consiglio
Regionale, ai vice presidenti e ai consiglieri segretari per
l’importante onere che si sono appena assunti e nell’augurare loro un
lavoro proficuo nell’interesse della nostra regione, augurio che
naturalmente estendo a tutti i consiglieri che compongono l’undicesima
legislatura di quest’autorevole assemblea e nel ringraziare tutti i
graditissimi ospiti che ci onorano oggi della loro presenza, le autorità
politiche, civili, militari, religiose, i rappresentanti del mondo
della cultura e dell’associazionismo, le tante personalità che non
citerò personalmente non per scortesia ma solo per non rischiare di
omettere alcuno, mi appresto a fornire le comunicazioni di rito
concernenti i componenti della Giunta e le deleghe loro affidate, per
poi passare alla presentazione del programma di governo.
Con decreto numero 17 del 6 marzo, e successivo decreto di precisazioni,
ho decretato che i componenti della Giunta sono i seguenti: Emanuele
Imprudente, Vice Presidente della Giunta regionale; Piero Fioretti;
Nicola Campitelli; Nicoletta Verì, Guido Quintino Liris e Mauro Febbo.
Ai quali, nel dettaglio, ho affidato le seguenti deleghe:
Emanuele Imprudente: sono attribuite le deleghe: Agricoltura, Caccia e
Pesca – Parchi e Riserve Naturali, Sistema Idrico, Ambiente.
Piero Fioretti: Lavoro, Formazione Professionale, Istruzione, Ricerca e
Università, Politiche Sociali, Enti Locali e Polizia Locale.
Nicola Campitelli: Urbanistica e Territorio, Demanio Marittimo, Paesaggi, Energia, Rifiuti.
Nicoletta Verì: Salute, Famiglia e Pari Opportunità.
Guido Quintino Liris: Bilancio, Aree Interne e del Cratere,
Programmazione Restart, Sport Impiantistica Sportiva, Ragioneria,
Patrimonio, Erp, Informatica, Sistemi Territoriali della Conoscenza,
Personale, Controllo di Gestione, Enti Strumentali e Società
partecipate.
Mauro Febbo: Attività Produttive (Industria, Commercio e Artigianato), Turismo, Beni e Attività Culturali e di Spettacolo.
Con decreto numero 18 del 6 marzo ho decretato di nominare il
consigliere regionale Umberto D’Annuntis quale Sottosegretario alla
Presidenza della Giunta Regionale, attribuendogli le seguenti funzioni:
Trasporti pubblici locali, Mobilità, Lavori pubblici, Infrastrutture e
Difesa del Suolo.
Passo ora a illustrare il programma di governo nella consapevolezza che
torneremo a confrontarci spesso su ogni singola questione,
approfondendola con l’attenzione che merita la difficile condizione che
sta vivendo l’Abruzzo.
Mi limiterò a indicare sinteticamente le linee guida del programma senza
scendere troppo nel dettaglio, cercando di ricentrare l’immagine
dell’Abruzzo rivendicandone, per mezzo di una attenta pianificazione, la
vocazione di regione europea, cerniera e luogo di intensi scambi
commerciali e culturali tra il Nord ed il Sud, tra l’Ovest e l’Est. Lo
faremo impegnandoci a riconquistare centimetro dopo centimetro la
distanza che si è creata tra la nostra regione e le altre sul piano
economico, sociale e della civile convivenza.
Le campagne elettorale sortiscono un effetto “collaterale” che potremmo
definire “divisivo”. Lo dico senza sottolineature polemiche, che
suonerebbero stonate in questa occasione, ma come semplice
constatazione. Si tratta quasi di una patologia che avvelena quello che
dovrebbe essere un confronto tra proposte politico-amministrative
alternative, trasformandolo in uno scontro in cui si finisce per cercare
la scorciatoia della delegittimazione tout court dell’avversario
politico. Oggi, con l’insediamento del consiglio regionale e l’inizio
della nuova legislatura, auspico l’avvio di una nuova fase, in cui le
contrapposizioni pregiudiziali, e finanche le diverse appartenenze
politiche, sappiano all’occorrenza fare un passo indietro quando saranno
in gioco provvedimenti determinanti per il futuro della nostra regione.
Se molto ci divide, ricordiamoci che al contempo molto ci unisce, a
partire dal primo obiettivo ineludibile: recuperare la fiducia dei tanti
abruzzesi che anche stavolta non sono andati a votare, e la dignità
dell’impegno politico, che ha un’unica unità di calcolo: la concretezza.
Il nostro metodo di lavoro sarà improntato alla partecipazione,
incentrato sul dialogo, con l’ampio coinvolgimento del ricco articolato
sociale regionale, dalle forze politiche e sindacali alle organizzazioni
di categoria, passando per la valorizzazione delle competenze dei
Sindaci e dei rappresentanti degli Enti locali.
Sono quattro i pilastri su cui intendiamo erigere la nostra idea di
Abruzzo: modernizzazione delle infrastrutture, difesa del territorio,
valorizzazione dei nostri prodotti e garanzia del benessere delle
persone. Rigenerare fiducia nelle potenzialità dell’Abruzzo, stimolare
gli operatori economici ad investire, attrarre nuove attività. Saranno
determinanti, a tal fine, le misure di sburocratizzazione e snellimento
della macchina regionale, che dovrà mettere al centro del proprio
operato il soddisfacimento delle esigenze dei cittadini e delle imprese.
Gli imprenditori saranno invitati a guardare all’Abruzzo con rinnovata
attenzione e incentivati ad investire con specifiche misure di fiscalità
di vantaggio, non per inseguirne il consenso – sia chiaro – ma nel
comune interesse di creare ricchezza e nuovi posti di lavori.
Un terzo dei nostri giovani, orgoglio della nostra terra, è costretto
ogni anno a lasciare l’Abruzzo. Dai dati dello Svimez, in 15 anni sono
200mila i giovani laureati che abbiamo regalato al nord, 30 miliardi di
capitale umano che perdiamo, 2 miliardi l’anno, una fuga di talenti che
cercheremo di frenare subito, immettendo massicce dosi d’innovazione
materiale e immateriale nel sistema-regione, migliorando le produzioni
dal lato del valore aggiunto e creando nuove opportunità nell’hi- tech,
nell’agroalimentare e nel turismo.
Da riformulare sono le politiche sanitarie, anche grazie all’utilizzo
diffuso delle nuove tecnologie, e il sistema regionale del welfare, dove
le risorse si disperdono sovente in rivoli inefficaci se non
clientelari.
Ulteriore aspetto da affrontare sarà quello del dualismo territoriale:
una parte importante del territorio abruzzese, quello delle aree
interne, è stato sistematicamente escluso da qualsiasi progetto di
sviluppo. L’Abruzzo è tornato ad essere “gli Abruzzi”. Lo sviluppo
regionale dovrà avvenire in assoluta complementarietà tra le diverse
vocazioni, superando ogni anacronistico campanilismo. Ho già avuto modo
di rivolgere ai miei assessori questa raccomandazione: non siate
sindacalisti del vostro territorio. Dobbiamo essere, tutti insieme,
sindacalisti dell’Abruzzo.
La politica delle infrastrutture, lo dicevo prima, rappresenta uno dei
pilastri della nostra azione amministrativa e non è un caso che io, come
primo atto, mi sia adoperato per mettere le Provincie in condizione
d’intervenire sulle strade. Saranno rimodulati, per quanto possibile,
quegli investimenti previsti dal Masterplan che suscitano generale
perplessità e si avvierà una logica di mobilità sostenibile e di
intermodalità, riconnettendo la regione alle grandi direttrici dei
traffici nazionali ed internazionali. E ancora: la promozione turistica,
un altro settore importante dove siamo rimasti indietro nonostante
un’offerta potenzialmente eccellente; una politica culturale che premi
il merito; l’acquisizione della logica della programmazione ad ogni
livello; la valorizzazione delle tipicità locali; un cambio di passo
nella capacità di spesa dei fondi comunitari; il forte snellimento e la
semplificazione netta delle procedure amministrative e dei bandi a
partire dal PSR; l’immissione di liquidità nel sistema economico con la
riforma del credito; il potenziamento della protezione civile e delle
politiche per la sicurezza.
Il destino dei programmi di governo è che spesso e volentieri offrono
seducenti suggestioni per poi rimanere meri “libri dei sogni”. Sfogliare
alcune pagine del passato ci offrirebbe esempi impietosi. Il programma
di governo deve avere sì la “potenza dell’ambizione” ma deve restare
ancorato alla realtà, caratterizzarsi con proposte fattibili,
sostenibili, rilevanti nell’impatto sulla economia e sulla società
abruzzesi. Le linee guida diverranno azione amministrativa per mezzo del
dialogo costruttivo e del confronto partecipato con i consiglieri
regionali eletti, chiedendo senza timidezze e reticenze il sostegno dei
nostri rappresentati in Parlamento e al Governo del Paese.
Il primo punto delle nostre linee guida riguarda lo sviluppo, la
conoscenza, l’innovazione e l’accesso al credito. I dati macroeconomici
sul PIL, molto deludenti negli ultimi anni, mostrano come l’Abruzzo sia
indubbiamente rappresentato dall’immagine di una regione in mezzo al
guado.
Sono quattro le criticità irrisolte sulle quali occorre intervenire con
gli opportuni strumenti della politica: la frammentazione del tessuto
produttivo, costituito da artigiani e piccole imprese, spesso in conto
terzi e prive di marchio, con un modesto profilo tecnologico e
commerciale; l’elevata dipendenza dei livelli economici regionali dalla
grande azienda di proprietà esterna, tale da determinare ricadute
negative su tutto il territorio in caso di difficoltà di mercato e di
autonome scelte aziendali; l’insufficiente livello di
internazionalizzazione delle piccole imprese; la presenza di gravi
squilibri territoriali (in termini di dotazione infrastrutturale, di
banda larga e diffusione e applicazione del WEB) da intendere come
elemento di fragilità di tutto il sistema economico regionale.
La nuova competizione è la capacità del sistema politico, economico e
sociale abruzzese di essere attrattivo per gli investimenti e di
valorizzare le peculiari risorse distintive.
Le poche e sempre scarse risorse pubbliche devono essere impiegate per
innalzare la capacità competitiva delle imprese con politiche volte al
mercato.
L’Abruzzo non può reggersi solo sulla grande impresa manifatturiera, che
pure, ha bisogno di infrastrutture (ferrovie, porti, intermodalità e
banda larga), di un sistema creditizio efficiente, di una burocrazia
veloce e di un abbattimento dei costi dell’energia.
Il new deal dell’Abruzzo, finalizzato a una nuova stagione di crescita
felice, deve lavorare su due esigenze prioritarie: il rafforzamento del
capitale umano nei settori di punta e maggiormente esposti al mercato
globale e il superamento degli squilibri territoriali e la diffusione
della conoscenza, creando un “Sistema Territoriale della Conoscenza” che
vedrà come attori le Università, le imprese, gli enti locali, e
l’Agenzia di sviluppo, che si impegnano a elaborare progetti, con
finanziamento pubblico e privato, per il miglioramento delle
suscettività locali ai fini della valorizzazione del capitale umano
locale.
La diffusione della banda larga costituisce altro elemento determinante
per l’insediamento delle imprese esogene e per la creazione di legami
tra grande e piccola azienda locale. L’Abruzzo negli ultimi anni ha
purtroppo mostrato sporadica ad alterna attenzione nei confronti del
mondo della alta formazione ed ha disinvestito dai suoi centri di
ricerca, ora in profonda crisi. Bisogna fare una legge sulla ricerca,
con una dotazione finanziaria annuale certa, che coordini e finanzi
l’azione sinergica di Università e Centri di Ricerca, dando opportunità
ai propri giovani di fare innovazione tecnologica e trasferire i
risultati del loro lavoro alle imprese.
Un altro spinoso problema è rappresentato dalla difficoltà di accesso al
credito soprattutto da parte delle piccole e micro imprese. Occorre
confermare e valorizzare la strategicità dei Confidi nell’ambito di una
nuova politica regionale di sostegno alle imprese nell’accesso alle
fonti di finanziamento.
Qui entra in gioco la fondamentale partita sulle infrastrutture
materiali ed immateriali, che deve da subito affrontare la questione
irrisolta di dotare l’Abruzzo, posto per scelta erronea del precedente
Governo nazionale sotto l’autorità portuale di Ancona, di un vero e
competitivo Sistema Portuale.
La Regione si attiverà immediatamente per chiedere al Governo centrale
il trasferimento dei porti di Pescara e Ortona dall’Autorità di Sistema
Portuale del Mare Adriatico centrale a quella del Mar Tirreno
Centro-Settentrionale, ovvero da Ancona a Civitavecchia. L’obiettivo è
di creare una governance unica per il corridoio europeo
Tirreno-Adriatico tra la penisola Iberica e i Balcani. È necessario,
inoltre, avviare il procedimento di revisione dei corridoi così come
disciplinato dal Regolamento Comunitario n.1315/2013, completando l’iter
per ottenere l’estensione nord-sud del corridoio
Scandinavo-Mediterraneo al tratto Ancona-Pescara-Bari, del corridoio
Baltico all’intera costa adriatica. Un’ipotesi da perseguire fermamente
per poter puntare su questa opzione di sviluppo, nella prospettiva di
una reale crescita sia del sistema portuale Pescara-Ortona- Vasto,
crescita che incentiveremo garantendo un continuo dragaggio dei fondali,
ma anche attraverso l’intermodalità abruzzese. Una ipotesi tra l’altro
necessaria, come osservato dalle organizzazioni dei produttori, per la
piena valorizzazione delle Zone Economiche Speciali (ZES), la cui
funzionalità è strettamente relata al disegno di mobilità a monte, oltre
che alla creazione di un regolamento di attuazione in termini di
gestione delle aree di adeguamento delle stesse (reti, impianti,
logistica). Le ZES possono operare efficacemente se sarà attuata una
reale semplificazione amministrativa delle procedure autorizzatorie,
nonché un adeguato sistema di defiscalizzazione. Collegare i sistemi
produttivi abruzzesi e laziali, attraverso un corridoio trasversale di
scambio, che utilizzi il sistema portuale regionale, valorizza inoltre
il sistema interporti, posti in posizione baricentrica naturale
nell’ipotesi di integrazione tra i sistemi portuali abruzzese e laziale.
La partita delle infrastrutture è essenziale in chiave turistica, con un
efficiente collegamento ad una rete ferroviaria moderna a rappresentare
un tassello fondamentale per la mobilità dei passeggeri. La politica di
trasporto intermodale prevede misure specifiche per il graduale
spostamento da gomma a ferro e per il non più procrastinabile
miglioramento della linea ferroviaria Pescara-Sulmona-Avezzano-Roma,
dove ad Avezzano, l’hub connetterà l’interporto e le attività legate
alle merci, mentre quello di Sulmona, consentirà la connessione con la
realtà industriale peligna, attualmente in crisi ed il collegamento
secondario con la tratta, che RFI intende elettrificare,
Sulmona-L’Aquila-Rieti-Orte. Non meno rilevante è la questione della
rete autostradale, da riqualificare con urgenza sotto il profilo della
sicurezza. A questo, bisogna aggiungere il costo dei pedaggi
autostradali dell’A25 e A25, tra i più alti d’Italia. Tra le opere
infrastrutturali ricomprendiamo i provvedimenti contro il dissesto
idrogeologico. Metteremo in campo un “piano anti dissesto”, d’intesa con
i Sindaci, mirato alla progettazione esecutiva di opere rapidamente
cantierabili contro il dissesto idrogeologico, la mitigazione del
connesso rischio. La manutenzione dei boschi, oggi abbandonati, degli
alvei dei fiumi e delle aree a rischio (valanghe, esondazioni, frane)
sarà ulteriore elemento costitutivo del piano.
Occorre poi allungare la pista dell’aeroporto di Pescara e potenziarlo
come dotazioni tecnologiche per migliorarne il rango. Soltanto la
realizzazione di opere strategiche come il potenziamento del porto e
dell’aeroporto Internazionale d’Abruzzo – infrastruttura strategica di
valenza nazionale e comunitaria in grado di porsi l’obiettivo di un
milione di passeggeri – può sostenere il ruolo dell’area metropolitana
di Pescara, a vantaggio di tutto l’Abruzzo. Il capoluogo adriatico non
può che essere il riferimento regionale dei traffici commerciali di
rango internazionale, Nord/Sud ed Ovest/Est, e candidarsi a diventare la
più importante città costiera dell’Adriatico.
In questo contesto l’Aeroporto dei Parchi di L’Aquila (Preturo) andrà
potenziato per divenire punto di riferimento logistico di supporto alla
Protezione civile.
Un altro punto qualificante del programma rappresenta l’interconnessione, l’agroalimentare, il turismo e l’ambiente.
Connettività fa rima con internazionalizzazione. La coerente strategia
sarà basata su alcuni assi d’intervento: il potenziamento dell’export,
sostenendo le aziende con piani di sistema; la promozione di filiere
integrate, che permettano all’indotto di agganciarsi al flusso di
export; lo sviluppo delle competenze, per fornire assistenza qualificata
agli operatori che vogliano sbarcare sull’estero.
La connettività deve interessare territori sinora inesplorati, come il
profondo legame che unisce agricoltura, territorio, cultura e ambiente e
genera tipicità e prodotti enogastronomici irripetibili e di assoluto
livello.
La difesa della “specificità locale”, se non vuole essere mero slogan,
richiede una politica regionale di rete. La creazione di “brand”
territoriali impone progettualità, capitale umano, marketing, richiede
un lavoro che deve vedere la Regione primario attore nella fase di
elaborazione delle strategie e nello start up anche in termini di
reperimento delle risorse.
La politica agricola regionale non può essere passivo recettore di
strumenti operativi imposti dall’Unione Europea, ma deve supportare le
imprese agricole nell’evoluzione verso la qualità e l’integrazione tra
la produzione, la trasformazione e la commercializzazione. La
rivisitazione del PSR si impone pure per scongiurare il rischio di
restituire i fondi inutilizzati e rallentare la crescita da parte delle
aziende agricole abruzzesi.
Da risolvere le emergenze annose come quella dei siti industriali
inquinati (si pensi a Bussi) e dei fiumi, dove caso emblematico è quello
della foce del Saline, manifesto drammatico delle penose carenze
ambientali lasciate in eredità dal governo di centrosinistra e causate
dall’inquinamento fuori controllo che danneggia anche l’industria del
turismo abruzzese.
Mai più Bussi e mai più Saline, simboli tragici di una terra che ha
tante potenzialità e tante bellezze da valorizzare, significa per noi
lanciare un piano straordinario di bonifica dei siti inquinati a
maggiore impatto ambientale, a tutela della salute e per uno sviluppo
turistico solido.
Il Piano regionale per la gestione dei rifiuti è una grande opportunità
che dobbiamo cogliere in pieno per armonizzare la gestione dei rifiuti
con la tutela della salute e dell’ambiente ma anche per favorire una
migliore sostenibilità economica dell’intero sistema a vantaggio dei
cittadini. Carenze si registrano ad oggi sull’impiantistica, da
risolvere per chiudere correttamente la filiera della gestione integrata
dei rifiuti, anche al fine di diminuire i conferimenti in discarica,
incrementare il recupero di materia e favorire reali interventi di
economia circolare.
Altri aspetti centrali riguardano le politiche europee, la macchina regionale e la riduzione della pressione fiscale.
Le politiche europee sono da rifondare. Oltre alla diversa gestione FSE,
sui Fondi comunitari dovremo imprimere una svolta nella governance. Il
prossimo ciclo di programmazione comunitaria deve prevedere una
governance più efficace: attenta pianificazione, coinvolgimento dei
territori e dei sindaci intesi come agenti dello sviluppo.
L’innovazione è l’unica arma per evitare le delocalizzazioni, la ricerca
applicata è lo strumento principale per rilanciare occupazione e
investimenti. Il taglio delle tasse sarà affrontato insieme alla
sburocratizzazione creando, con i Sindaci, dei pacchetti insediativi
mirati sulle specificità territoriali, con la finalità di attrarre nuovi
investimenti anche grazie ai regimi fiscali agevolati.
La macchina regionale va notevolmente semplificata ed alleggerita,
l’auspicata soppressione degli enti inutili è rimasta ampiamente
disattesa, arrivando anzi alla duplicazione degli incarichi e delle
funzioni (il caso della trasformazione dell’ARIT in ARIC ne è un
esempio).
Veniamo ora alla montagna, risorsa troppo a lungo trascurata. Il legame
tra agricoltura e ambiente richiama il rapporto con le aree a ritardo di
sviluppo. Occorre risolvere la questione dell’uso produttivo degli usi
civici e valorizzare le zone montane, dove l’immenso patrimonio boschivo
è abbandonato, privo di qualsiasi forma di manutenzione, mentre
potrebbe essere valorizzato a fini turistici e produttivi, oltre che
legato alla riscoperta di profonde radici storiche e culturali.
L’Abruzzo è tra le regioni leader del turismo montano appenninico, dove
tra l’altro insistono numerose e rinomate stazioni invernali, ma lo
sviluppo della montagna è avvenuto a “macchia di leopardo”. Vera
emergenza legata al turismo montano è la stazione sciistica di Campo
Imperatore. Il bacino sciistico del Gran Sasso insiste purtroppo su aree
interessate da forti vincoli paesaggistici individuati negli anni ‘90
dall’allora Giunta regionale di centrosinistra. Errori clamorosi che
paghiamo ancora: in virtù di questi assurdi vincoli, qualsiasi tipo di
intervento o piano di sviluppo del Gran Sasso è oggi oggetto di forte
contestazione.
Allo sviluppo della montagna, con particolare attenzione alle aree di
forte criticità come Gran Sasso e Maiella, il prossimo governo regionale
di centrodestra dedicherà massima ed immediata attenzione, nella
finalità di mettere in campo progetti di sviluppo compatibili con
l’ambiente e generatori di sviluppo e di occupazione.
Le aree cosiddette interne sono diffuse in tutte le province. Parlo di
quelle aree distanti dai principali centri di offerta di servizi
essenziali (istruzione, salute e mobilità), che soffrono di un livello
di dotazione dei servizi inferiore agli indici regionali e che hanno
subito a partire dal dopoguerra importanti processi di depauperazione
demografica, per l’invecchiamento della popolazione, e la
marginalizzazione economica.
La Regione ha mostrato nelle sue politiche un sostanziale disinteresse
nei confronti di questi vasti territori. L’area aquilana, la Marsica, la
Valle Peligna, le vaste aree interne del teramano e del chietino devono
portare avanti un unico progetto di sviluppo, rivendicando pari
dignità.
A L’Aquila, questione grave è la ricostruzione, in ritardo sul primo
cratere e praticamente non avviata sul secondo. Il modello attuale va
migliorato, soprattutto per la ricostruzione pubblica, perché è troppo
lento, burocratico ed ingessato.
L’Aquila gode tuttavia di importanti esternalità positive: la
localizzazione geografica la fa cerniera tra il Nord ed il Sud, tra
l’Est e l’Ovest, la vicinanza con Roma, la presenza di una importante
Università, l’ottima disponibilità di capitale umano giovane e
professionalizzato, un ambiente incontaminato e di incredibile bellezza,
alcune realtà industriali all’avanguardia, il Laboratorio di fisica del
Gran Sasso, importanti suscettività nei settori del turismo e del
terziario avanzato.
La difesa dei Tribunali cosiddetti minori, ma per nulla minori per
quanto concerne la mole di attività (Avezzano, Lanciano, Sulmona,
Vasto), fondamentali presidi di legalità per l’intero territorio,
rappresenta una priorità per la nuova giunta regionale, che valuterà
l’avviamento del percorso di sperimentazione previsto dalla legge.
Altro punto dolente comune a tutti i territori marginali: i servizi
sanitari. Occorre elaborare un modello di servizio sanitario che tenga
conto delle peculiarità morfologiche e orografiche di questo territorio:
da un lato vanno dunque concentrati gli investimenti su strutture
grandi e polifunzionali, dall’altro va assicurata una rete più diffusa e
capillare di pronto soccorso, di medicina del territorio e di
assistenza domiciliare che contribuisca a contenere la necessità dei
ricoveri e consideri le difficoltà di spostamento nelle zone più
distanti dai grandi presidi sanitari. Da scongiurare, per citare un
esempio significativo, la chiusura del punto nascita presso l’ospedale
civile di Sulmona o, nel caso di zone costiere, porsi l’obiettivo di
portare l’emodinamica a Vasto.
Il turismo richiede una riflessione di carattere generale, ben oltre la
questione delle aree in ritardo di sviluppo, proprio in considerazioni
delle enormi inespresse potenzialità.
I dati sono sconfortanti. Il contributo del settore al PIL della Regione
è solo l’8% contro la media nazionale del 12%. In uno scenario mondiale
in cui il movimento turistico negli ultimi anni risulta più che
raddoppiato, l’Abruzzo fa molta fatica ad affermarsi. Cosa fare?
L’offerta turistica abruzzese non può pigramente mostrare in vetrina
solo il suo mare e le sue montagne, confidando nel richiamo di fondo di
questi elementi naturali: non è certo l’unica regione italiana a poterne
disporre. Particolare attenzione verrà riposta nei confronti della
nostra splendida costa, difendendola dall’erosione. La diversificazione e
la specializzazione dell’offerta è la prima caratteristica che il
prodotto Abruzzo deve mostrare affinché possa essere considerato maturo
dai tour operator, il cui coinvolgimento, nella composizione di
strategie ed attuazione delle stesse deve essere sistematico.
Turismo e cultura rappresentano la sintesi dell’approccio sistemico ed
interdisciplinare del nostro programma. La valorizzazione della cultura
locale (un mix irriproducibile di tradizioni, emergenze artistiche,
borghi rurali, beni paesaggistici, tipicità culinarie, mete religiose
della memoria) deve essere elemento costitutivo della valorizzazione
della tipicità essenziale (genius loci) in quanto riconoscimento della
sua importanza nel sistema dei valori della comunità ed elemento
distintivo del “brand” e delle coerenti politiche di marketing
territoriale.
Completate le linee guida di programmazione territoriale, dobbiamo
ricordare che fine ultimo di ogni azione amministrativa deve essere
tarato su un unico elemento: il benessere delle persone. Welfare e
sanità, anche sport e tempo libero, sono elementi fondanti del benessere
che va perseguito seguendo diverse direttrici: salute, protezione
sociale, sicurezza. Per quanto riguarda la sanità, nelle prossime
settimane si deve chiudere il tavolo con il Ministero per il riordino
della rete e la definitiva uscita dal piano di rientro. Ricordiamo che
l’Abruzzo, appena entrato nel Piano di Rientro, era dotato di 35
stabilimenti ospedalieri, 22 ospedali pubblici e 13 case di cura
private, quindi un’elevata offerta ospedaliera con un quadro di forte
disomogeneità di dotazioni di posti letto tra Asl non sempre correlate
ai bisogni territoriali. La riconversione dei piccoli presidi porta ad
indubbi benefici: aumento delle prestazioni ambulatoriali erogate e
risposte più appropriate per la popolazione locale.
Sono tre i temi centrali da affrontare con urgenza: in primis le liste
d’attesa: il Tribunale dei diritti del malato ha indicato l’Abruzzo (con
Calabria, Campania e Lazio) tra le regioni dove si registrano i
maggiori disagi, che condizionano il livello di soddisfazione dei
pazienti e incrementa la mobilità passiva. Saranno emanate linee guida
per la richiesta di esami diagnostici in modo da eliminare le richieste
inappropriate. Le stesse procedure verranno attuate per organizzare e
rendere funzionali le liste di attesa per i ricoveri.
Appare evidente, poi, la gravissima carenza di personale soprattutto
medico e paramedico, che emerge in tutte le quattro Asl provinciali. La
carenza di personale determina una vera emergenza nella erogazione di
servizi essenziali, come ad esempio emblematico la dialisi, che conta
oltre mille pazienti cronici in Abruzzo.
Rivoluzionare il welfare significa farlo strumento di sostegno delle
famiglie e di ogni singolo cittadino, dando loro supporto, facilitazioni
regolamentari, e aiuti economici per sgravarli dal peso assistenziale
del lavoro di cura dei loro cari, minori, anziani e disabili, più
fragili. E poi temi di assoluta rilevanza: protezione civile e
sicurezza. Il tema della sicurezza è particolarmente sentito soprattutto
nelle città e nei termini di percezione di insicurezza. Una più diffusa
presenza di immigrati associata al progressivo invecchiamento della
popolazione ed allo spopolamento può ulteriormente alimentare questa
sensazione. Il dato che desta preoccupazione è quello relativo al tasso
di penetrazione della criminalità organizzata che va attentamente
monitorato. Da monitorare e strettamente controllare il fenomeno
migratorio seguendo ed agevolando l’applicazione delle normative
nazionali e del recente Decreto Sicurezza.
La Regione deve collaborare con le autorità preposte all’ordine pubblico
e con i Comuni per garantire ai cittadini la necessaria tranquillità e
la sicurezza di poter contare su una rete capillare di controllo del
territorio. Lo faremo in tema di prevenzione, attivando con tutti gli
attori un metodo di piena collaborazione. Promuovere tavoli periodici
con i Prefetti, favorire incontri con i Sindaci, agire in sinergia con
la scuola sulla cultura della legalità, valorizzare la polizia locale.
In tale prospettiva, oltre a chiedere al Governo un maggior
dispiegamento di Forze dell’Ordine, anche la Regione può giocare la
propria partita, attraverso la valorizzazione della Polizia Locale.
L’installazione di telecamere, l’agevolazione delle attività di
controllo del territorio, la creazione di Sale Operative attive sulle 24
ore, e l’investimento per il passaggio dalle frequenze analogiche a
quelle digitali sono ulteriori tasselli sui quali intendo lavorare per
garantire la massima efficienza a un mosaico che ritengo essenziale
affinché ogni cittadino si senta davvero libero in casa propria.
In tema di immigrazione, inclusione e integrazione sono termini che
vanno accolti, coerentemente alle normative nazionali, rispetto agli
immigrati regolari, ma non possono essere indiscriminatamente applicati
agli irregolari o ad altre situazioni. La politica regionale finora, per
quanto di competenza sull’immigrazione, ha seguito una linea confusa e
generica che non gestisce le mille problematiche create da questo
fenomeno, come se ciò non avesse ricadute sulle politiche sociali, di
competenza della Regione. L’orientamento ideologico genericamente
“immigrazionista”, tipico della sinistra, e l’inefficiente politica
regionale del welfare, che sono andati di pari passo, devono essere
rivisti per dare la priorità agli abruzzesi in difficoltà.
Un’altra priorità attiene alla riorganizzazione del Sistema della
Protezione civile regionale alla luce del Decreto Legislativo 2 gennaio
2018 n. 1, “Codice della protezione civile”, mediante l’aggiornamento
dell’apparato normativo vigente. La cultura della prevenzione deve
diventare cultura diffusa e metodo di lavoro delle istituzioni: mai più
una immane tragedia come Rigopiano!
L’unica arma di cui si può disporre per mitigare gli effetti degli
eventi naturali avversi, come i terremoti, è quella della prevenzione.
Il primo passo consiste nell’educazione dei cittadini ad una corretta
informazione scientifica e in questo la Scuola come Istituzione riveste
un ruolo fondamentale. Da subito, prevediamo quindi la riorganizzazione
ed il concreto potenziamento del Servizio di Protezione civile
regionale, sia nelle sue strutture operative che nelle sue strutture di
pianificazione e prevenzione. La DGR 425/2018 va riformulata, dato che
ha introdotto uno schema organizzativo a compartimenti stagni che va
totalmente controcorrente rispetto alle più consone linee organizzative
di altre regioni, che vedono il Dipartimento regionale della Protezione
civile organizzato in maniera autonoma rispetto ad altri settori
regionali e sotto la diretta responsabilità della Presidenza della
Giunta.
Il Presidente e la Giunta devono trovare un valido alleato nei singoli
consiglieri e nel Consiglio, organo fondamentale tanto sul piano
dell’iniziativa legislativa quanto del controllo. Solo una piena
collaborazione e il rispetto delle reciproche competenze possono dare
vita a un’azione amministrativa proficua per la comunità. Solo una
opposizione per quanto dura, ma non distruttiva, può far crescere tutto
l’Abruzzo.
È per me un onore assumere la guida della mia Regione, la terra che ha
dato i natali ai miei genitori, a tanti uomini e donne che hanno fatto
la storia d’Italia nella politica, nella culturale, nelle lotte sociali.
Avverto questa grande responsabilità e ripeto a me stesso, prima ancora
che a tutti voi, che le speranze dell’Abruzzo quest’oggi sono rivolte a
questo consiglio regionale. Sono sicuro che saremo all’altezza del
compito.
Buon lavoro a tutti.