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“La mafia in Sicilia, così come la ‘Ndrangheta in Calabria e la Camorra in Campania, sono organizzazioni criminali che si fanno forti della consapevolezza di poter contare sul clan. Ma se prendiamo isolatamente i singoli componenti, ci rendiamo conto di quanto siano vili, vigliacchi, codardi. Continuano però a saper approcciare la politica e a corromperla. La nostra sfida è quella di continuare a raccontare, ovviamente abbiamo paura, sarebbe da stupidi il contrario, ma continueremo a farlo sui giornali, in televisione, sul web, senza alcuna tregua”. Lo ha detto il giornalista Klaus Davi nel corso dell’ultimo incontro con il ‘Premio Borsellino’, organizzato dall’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ di Pescara, nell’ambito del XXIII Premio Nazionale ‘Paolo Borsellino’, prima della grande chiusura della rassegna, prevista per domani. Accanto a Davi anche la giornalista Marilena Di Natale, ex Gazzetta di Caserta, sotto scorta da due anni per le sue inchieste sul traffico di rifiuti della Camorra nella Terra dei Fuochi, e, ovviamente, la Dirigente dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ Alessandra Di Pietro, organizzatrice dell’iniziativa, la giornalista Ansa – Responsabile Abruzzo Elisabetta Guidobaldi e Tommaso Navarra, Presidente del Parco Gran Sasso e Monti della Laga.  In sala alcune classi dell’Istituto Alberghiero, dell’Istituto Comprensivo Pescara 7 e del Liceo Scientifico ‘Da Vinci’, e molti ospiti tra cui il Questore Francesco Misiti, il Comandante Domenico Candelli dei Nas, il Comandante Giancarlo D’Amato dei Carabinieri-Forestale, l’ex Presidente della Provincia Antonio Di Marco, Presidente dei Borghi più Belli d’Italia, l’ex Provveditore agli Studi Nino Santilli, gli ex Prefetti di Pescara Vincenzo D’Antuono e Giustino Di Santo e Annamaria De Rita, Presidente dell’Associazione Nazionale Cavalieri della Repubblica Italiana.

“Il Premio Borsellino – ha ricordato la Dirigente Di Pietro – ha dato ai nostri studenti la possibilità di incontrare esponenti delle Forze dell’Ordine, del Giornalismo, della Magistratura, che vivono la propria professione come impegno civile e l’incontro odierno con Marilena Natale e Klaus Davi rappresenta un importante momento di confronto con giornalisti che raccontano la mafia moderna legata a problemi ambientali, all’inquinamento della nostra vita, una mafia che ci rende meno liberi e meno consapevoli dei nostri diritti. Libertà invece significa poter scegliere cosa pensare e come agire, significa fare scelte chiare sulle opzioni di fondo su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, fare scelte sui valori. Il giornalista deve avere sempre la schiena dritta, anche se purtroppo ci sono giornalisti che patteggiano con la politica e che sviliscono il mestiere”. E dopo la lettura di alcuni brani della Costituzione e di Orwell da parte del docente e attore Edoardo Oliva, la parola è andata a Marilena Natale, 46 anni, da due anni sotto scorta per le sue indagini sul traffico dei rifiuti in Campania e oggi Presidente dell’Associazione ‘La Terra dei Cuori’ che si prende cura dei bambini malati di tumore della Terra dei Fuochi. “Da piccola non volevo fare la giornalista, ero la principessa di papà e vivevo in un mondo ovattato. Crescendo ho scoperto cosa accadeva nella mia terra – ha raccontato la Natale – e ho scoperto i criminali, e poi sono andata a vedere le conseguenze. Oggi ho due figli naturali, 18 e 23 anni, e una bellissima bambina con gli occhi azzurri, Aurora, che mi ha scelto come mamma, una dei bambini della Terra dei Fuochi, affetta da neuroblastoma metastatico, che da due anni è la mia forza. Vivo la scorta in modo drammatico, perché non sono libera di fare il mio lavoro: prima uscivo di notte per seguire i camion che andavano ai compattatori, per seguire i politici che s’incontravano negli alberghi perché finchè ho parlato dei camorristi me la sono cavata con qualche auto bruciata e qualche proiettile recapitato, ma quando ho parlato dei politici e degli imprenditori collusi con la camorra sono arrivate le minacce di morte. Vivo ad Aversa, in provincia di Caserta su 104 Comuni ben 102 sono stati colpiti da inchieste giudiziarie e in quella terra io sono diventata ‘molesta’, con decine di querele per stalking per le mie inchieste. Ma non mi fermeranno mai: nella borsa ho sempre una copia della Costituzione Italiana e l’Agenda Rossa di Paolo Borsellino di cui leggo qualche frase ogni mattina e vado avanti. Sono sotto scorta dal 10 febbraio del 2017 ed è una tragedia per me, ho scritto 365 lettere al Prefetto, sono andata dall’ex sottosegretario Legnini, ho scritto al Ministro Salvini, perché i 4 Carabinieri che mi seguono hanno 8 figli in tutto, se decideranno di uccidermi i 4 ragazzi si faranno uccidere per me, e io non posso portarmi questo peso, preferisco morire, ma dire sempre la verità per la mia terra, lo devo a una bambina con gli occhi azzurri”. Marilena Natale ha poi raccontato la propria vicenda legata all’inchiesta sugli affari nei rifiuti del clan Schiavone, con il capostipite detto Sandokan-Francesco Schiavone: “Io c’ero a tutti gli arresti dei vari familiari ed è stato lui a sancire la mia condanna a morte: nel carcere di massima sicurezza, mentre un figlio gli parlava di me, ha mimato il gesto di una pistola alla tempia e il Procuratore Borrelli ha deciso di assegnarmi una scorta. Ai ragazzi dico di non avere mai paura, se venite a conoscenza di un reato denunciatelo, i giovani devono essere le nostre vedette, la condivisione è importante: se in Campania scrivo solo io di camorra, allora sono la pazza e prima o poi qualcuno mi uccide, ma se scriviamo tutti come fanno a ucciderci tutti? Dieci anni fa, quando arrivavo a Casal Di Principe, la gente si chiudeva in casa; due mesi fa quando sono arrivata a Casal Di Principe in strada ho incontrato la moglie di Sandokan, la matriarca del crimine, che vedendomi ha cambiato marciapiede, e allora ho vinto io. Probabilmente io non vedrò la fine della Camorra, ma almeno c’ho provato a combatterla ed è meglio di tutti coloro che hanno scelto il silenzio. La paura crea omertà e ricordate che la mafia di oggi non è più quella che spara, ma è la zona grigia, è la cultura della collusione politica e imprenditoriale. I Casalesi prima erano ignoranti, oggi si sono istruiti e sono la seconda holding criminale al mondo”. “Vengo da una famiglia umile di immigrati – ha detto il giornalista Klaus Davi –, una condizione, quella della immigrazione, che ti apre gli occhi perché ti devi misurare con realtà sempre diverse; ai ragazzi dico che ce la potete fare, io stesso vengo da una condizione di marginalità sociale, mezzo italiano e mezzo ebreo, ma ho costruito le mie opportunità, con impegno e costanza. Sono nato come giornalista, galoppino all’Unità negli anni ’80, quando sono venuto a Milano, ero solo, non conoscevo nessuno, e ho capito subito che per fare carriera in Italia uno come me, figlio di nessuno, doveva dare qualcosa, e ho lavorato anche gratis, pur non essendo ricco. Mi hanno assunto al Corriere della Sera, ma mi stava stretto e mi sono licenziato per aprire la mia Agenzia di Comunicazione e mi sono sempre interessato di criminalità organizzata. Dopo il ‘caso’ di un magistrato inquisito perché corrotto dalla ‘ndrangheta milanese e morto suicida, sono andato al suo funerale in Calabria e ho deciso di fare inchieste su quella terra lasciata in balìa dell’anti-Stato, una terra che dà vita alla mafia, che ha stabilmente rapporti con il narcotraffico sudamericano. Ho realizzato circa 80 documentari sul web che nessuna delle grandi testate giornalistiche voleva, svelando i rapporti con la Terra dei fuochi calabrese e ho intervistato tutti i capi delle famiglie della ‘ndrangheta. Né Rai né Mediaset hanno voluto quei servizi che sul web hanno totalizzato 600mila visualizzazioni, poi poche settimane fa la svolta, con un contratto in esclusiva per Mediaset dove ora porteremo queste inchieste. Agli studenti – ha aggiunto Davi – ricordo che bisogna sempre lottare, e purtroppo in questa generazione vedo molto impegno virtuale sui social, e poco a livello concreto. Dalle Istituzioni, invece, dobbiamo pretendere che si schierino, perché il Premio Borsellino è nato per celebrare un magistrato ucciso perché all’epoca le Istituzioni non sono state chiare”. “La mafia – ha detto la giornalista Ansa Elisabetta Guidobaldi – si alimenta con la cattiva informazione e con l’ignoranza. L’articolo 21 della Costituzione detta le regole della libertà di manifestazione del pensiero che sfocia nel diritto di cronaca che sovrasta qualunque diritto di privacy”. “Se i padri Costituenti hanno previsto l’articolo 21 – ha aggiunto il Presidente Navarra – è per sancire un principio che non c’era: mio padre dovette emigrare per le sue idee politiche”.