“Non si può andare avanti con le omissioni sull’acqua bevuta dai cittadini, vogliamo che sia varata la Carta delle Aree di Salvaguardia dell’acqua per l’intero Abruzzo e che siano allontanate le sostanze pericolose dall’acquifero del Gran Sasso stoccate irregolarmente nei Laboratori” queste le principali richieste della Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso che stamattina ha inscenato un sit-in davanti alla sede della Regione Abruzzo in viale Bovio a Pescara.
La redazione della Carta delle Aree di Salvaguardia è un obbligo per la Regione Abruzzo dal 2006. Sono passati 12 anni e l’ente è ancora inadempiente, quando stiamo parlando del bene comune per eccellenza necessario per la vita.
In realtà nel 2014 l’Ente d’Ambito, l’Ersi, ha affidato l’incarico ad uno studio che ha riconsegnato il lavoro che ora, almeno da ottobre 2017, giace nei cassetti della regione. Nelle aree perimetrate devono essere imposti dei vincoli di utilizzo del territorio, con limiti ad attività rischiose per la qualità dell’acqua, dalle cave alle industrie insalubri.
L’Abruzzo sta già scontando gravi problemi per la scorretta pianificazione delle attività umane, da Bussi al Gran Sasso. Non si può perseverare con gli errori, come, ad esempio, localizzare una megacava da 2,7 milioni di mc e 20 ettari a poche centinaia di metri dalle Sorgenti del Pescara da cui sgorgano 7.000 litri di acqua purissima al secondo.
Giovedì scorso, grazie anche all’audizione del Forum H2O, il comitato VIA della Regione ha chiesto un approfondimento sul rischio idrogeologico dell’intervento ma in assenza delle Aree di Salvaguardia questo progetto surreale rischia di andare avanti.
Ancora più incredibile l’omissione circa l’allontanamento delle sostanze pericolose dall’acquifero del Gran Sasso. Come abbiamo dimostrato le 1.000 tonnellate di acqua ragia e le 1.292 di trimetilbenzene sono state stoccate irregolarmente nei Laboratori. La legge (Art.94 del D.lgs.152/2006) prevede anche l’allontanamento di queste sostanze ma non viene applicata. In caso di grave incidente perderemmo per decenni l’acqua usata da 700.000 persone, comprendendo L’Aquila e tutto il teramano!
Non si può pensare di considerare l’acqua come un bene disponibile all’infinito, visto che già oggi il 50% delle falde abruzzesi è classificato in categoria “scadente” per il livello di inquinamento raggiunto.