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I carabinieri forestali stanno notificando gli avvisi di garanzia ai 14 nuovi indagati nell’inchiesta sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto il 18 gennaio 2017 da una valanga che ha provocato 29 morti. Contestualmente gli indagati hanno ricevuto anche l’invito a comparire per essere interrogati dal procuratore capo di Pescara, Massimiliano Serpi e dal sostituto, Andrea Papalia. Nei giorni scorsi, agli indagati era stata notificata la richiesta di identificazione con l’elezione di domicilio. Gli interrogatori si terranno dal 19 al 27 giugno prossimo. Tra gli indagati anche il presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, che sara’ interrogato, secondo quanto si apprende, il 26 giugno alle 9. A D’Alfonso e ad altri tre indagati, ossia il sottosegretario regionale, Mario Mazzocca, il responsabile della sala operativa della Protezione civile, Silvio Liberatore, il dirigente del servizio di Programmazione di attivita’ della protezione civile, Antonio Iovino, viene contestata anche la tardiva convocazione del Comitato operativo regionale per le emergenze. Stanno notificando l’avviso di garanzia anche agli ex governatori abruzzesi Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi; all’ex vice presidente della Regione Abruzzo, Enrico Paolini; e ai cinque assessori alla protezione civile che si sono susseguiti dal 2007 al 2017, Tommaso Ginoble, Mimmo Srour, Daniela Stati, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca. E ancora ai direttori e dirigenti del dipartimento di Protezione civile di quegli stessi anni, quali Carlo Visca (direttore del dipartimento dal 2009 al 2012), Vincenzo Antenucci (dirigente Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013) e Giovanni Savini (direttore del dipartimento di protezione civile per tre mesi nel 2014); al responsabile della sala operativa della Protezione civile, Silvio Liberatore, al dirigente del servizio di Programmazione di attivita’ della protezione civile, Antonio Iovino. Le accuse ipotizzate, a vario titolo, sono disastro colposo, omicidio colposo e lesioni colpose. Questo filone dell’inchiesta punta a ricostruire la gestione della prevenzione e, nello specifico, a individuare eventuali responsabilita’ nella mancata realizzazione della Carta di localizzazione del pericolo da valanghe richiesta dalla legge regionale del 1992. Nello specifico, il 19 giugno saranno interrogati Antenucci, Visca e Savini. Il 20 giugno Del Turco, Ginoble, Paolini e Srour. Il 21 giugno Chiodi, Stati e Giuliante. Il 26 giugno D’Alfonso e Mazzocca. Infine, il 27 giugno sara’ la volta di Liberatore e Iovino.

“Determinavano le condizioni per il totale isolamento dell’Hotel Rigopiano, di fatto rendendo impossibile a tutti i presenti nell’albergo di allontanarsi dallo stesso, tanto piu’ in quanto allarmati dalle scosse di terremoto del 18 gennaio”. E’ quanto si legge nell’avviso di garanzia, per la vicenda riguardante la tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), a carico del presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, del sottosegretario con delega alla Protezione civile, Mario Mazzocca, del responsabile della sala operativa della Protezione civile, Silvio Liberatore, e del dirigente del servizio di programmazione di attivita’ della Protezione civile, Antonio Iovino, in relazione alla gestione dell’emergenza. Secondo la Procura, la Regione, “nelle persone del presidente della Giunta regionale, dell’assessore con delega alla Protezione civile e dei funzionari sopra indicati”, avrebbero attivato “tardivamente il Comitato Operativo Regionale per le Emergenze”, peraltro in assenza di piani di emergenza regionali, in localita’ diversa da quella della Sala Operativa. “Con siffatte condotte colpose, connotate da negligenza, imperizia, imprudenza e violazione di norme di legge, regolamenti, ordini o discipline” – e’ scritto nel capo d’imputazione – ciascuno degli indagati “concorreva nel cagionare la morte di 29 persone e le lesioni personali, anche gravissime, ad altre 9 persone presenti all’interno dell’Hotel Rigopiano quando questa collassava colpito da valanga”. La Procura sottolinea come gli indagati fossero “consapevoli dell’emergenza neve riguardante l’Abruzzo” e in particolare l’area montana della Provincia di Pescara, sulla base delle previsioni meteo, ma anche di segnalazioni e richieste d’intervento. Nell’imputazione si fa riferimento “agli avvisi di condizioni meteorologiche avverse, diffusi dal centro funzionale Abruzzo” e ai “bollettini valanghe emessi dal servizio Meteomont”, che in particolare nell’ultimo, quello del 17 gennaio alle 14, evidenziava “pericolo valanghe di grado tra 3 e 4 per la giornata, e di grado 4, cioe’ forte, per i successivi tre giorni”. Nelle carte sono, inoltre, evidenziate la nota del capo di gabinetto della prefettura di Pescara, Leonardo Bianco, “inviata il 16 gennaio 2017 a presidenza del Consiglio dei ministri, ministro dell’Interno e Regione Abruzzo” e il “messaggio multiplo inviato nel pomeriggio del 17 gennaio, alle 19.29, dal sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, al presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, al sottosegretario Mario Mazzocca e al presidente della Provincia, Antonio Di Marco, con urgente richiesta di mezzi spazzaneve per la mattina del 18 gennaio per liberare contrade gia’ isolate”. La Procura, infine, parla di “ulteriore consapevolezza della mancata adozione e quindi della totale carenza dei piani di Emergenza Regionale”.

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