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“Il 27 gennaio segna il Giorno della Memoria perché è la data in cui il mondo ha assunto piena consapevolezza della Shoah, del genocidio sconvolgente non solo degli ebrei, ma anche del popolo Rom e Sinti, di cui non si parla mai. È il giorno in cui, abbattendo i cancelli di Auschwitz, il mondo intero ha dovuto fare i conti con il proprio lato oscuro, con la propria coscienza e con la consapevolezza di quanto male l’uomo possa produrre nei confronti del proprio fratello. Ma il 27 gennaio è anche il giorno di un’umanità ritrovata, ricordando i nomi e la figura di quei ‘Giusti’ che non si voltarono dall’altra parte e che dimostrarono che l’eroismo è sempre possibile. E ai miei studenti lancio un messaggio, ricordando la frase ‘per ogni uomo che è stato giusto viene piantato un albero’: ai miei ragazzi chiedo di parlare in classe della ‘Foresta dei Giusti’ riscoprendo il valore della verità, della bellezza e della bontà”. Lo ha detto la Dirigente scolastica dell’Istituto Alberghiero ‘De Cecco’ di Pescara, Alessandra Di Pietro, rivolgendosi agli studenti e aprendo la celebrazione odierna della ‘Giornata della Memoria’, svoltasi alla presenza del giornalista e storico Marco Patricelli, dell’artista Alexian Santino Spinelli, docente universitario e ambasciatore della cultura Rom nel mondo, del docente Antonio De Grandis, presidente del Tribunale Ecclesiastico di Abruzzo e Molise, e della professoressa Rosa De Fabritiis, referente del progetto.

Ad aprire la giornata sono state due studentesse che hanno letto poesie dai campi di sterminio, scritte da giovani prigionieri uccisi nelle camere a gas. Quindi la parola alla dirigente Di Pietro, la quale ha sottolineato come “la celebrazione del 27 gennaio non dev’essere un puro esercizio di retorica, ma dev’essere un momento di riflessione e di scoperta di una verità storica perché rendere omaggio alle migliaia di vittime della follia dei campi di concentramento, non disperdere il loro ricordo, continuare a parlare della loro esistenza bruciata prematuramente, vittime di un’assurdità, è, a nostro giudizio, il modo migliore per onorare la loro memoria, la loro stessa vita”. “Il genocidio, la Shoah – ha detto, rivolgendosi alla platea di ragazzi, lo storico Patricelli – è stata una eliminazione condotta con metodi scientifici a opera della Propaganda nazista che, all’epoca, divulgava un video in cui si vedevano sacchi di grano attaccati da ratti che laceravano la juta facendo uscire il grano, in parte lo mangiavano, in parte lo contaminavano, e all’improvviso nel video al ratto si sostituiva l’immagine dell’ebreo, quindi il paragone era semplice: così come il ratto consuma le nostre risorse e le contamina, così fa l’ebreo che è un parassita. Quindi il nazismo aveva la missione di allontanare le persone che contaminavano le risorse dell’uomo. Pensiamo che anche il gas con cui si sono sterminate migliaia di persone in centinaia di campi di concentramento era stato inventato per la disinfestazione, non per uccidere le persone, e, ironia della sorte, il chimico che lo aveva inventato era ebreo e tutta la sua famiglia fu sterminata con quello stesso gas. Il problema è che l’ebreo era da sterminare non perché diverso da me dal punto di vista religioso, ma l’ebreo, il rom, l’omosessuale, la prostituta, il testimone di Geova, erano considerate scorie e basta, senza alcuna ragione, non c’era una base scientifica né sociale. Il 27 gennaio del ’45 finalmente al mondo è stato rivelato l’inferno e l’orrore di Auschwitz e tutti i campi di concentramento vennero liberati, da est dall’Armata Rossa, da ovest dagli angloamericani, eppure dopo 70 anni c’è ancora chi dice che quell’inferno non è mai avvenuto. La verità è che il problema dell’antisemitismo e dell’avversione per il diverso è radicata in tutti i popoli. Pensiamo che fu proprio il Governo Italiano post-1861 il primo Stato a pensare di deportare in Madagascar i soldati meridionali che non giuravano fedeltà ai Savoia, e non sapendo come disfarsene, li imbarcò e li portò in America a combattere nella guerra degli stati Confederali. Quindi nella Shoah nessuno è innocente”. A ricostruire le vicende del Polo Rom e Sinti è stato l’artista Alexian Santino Spinelli: “Il popolo Rom è l’unico al mondo a non aver mai avuto contrasti religiosi, a non aver mai dichiarato guerra, a non aver mai fatto un atto terroristico di rivendicazione, eppure è stato un popolo perseguitato e al quale non è mai stato dato quel risarcimento riconosciuto agli ebrei. Pensiamo che il gas letale dei campi fu sperimentato per la prima volta su 300 bambini rom, tutti sterminati. I rom non sono mai stati risarciti e ancora oggi sono oggetto di discriminazione sociale, strumentalizzati anche dalla politica per riscuotere consensi. E spiace dover constatare che con gli anni anche la celebrazione del 27 gennaio si stia svuotando dei suoi significati, per divenire occasione di intrattenimento. La discriminazione su base etnica è un crimine contro l’umanità e anche i campi nomadi oggi sono una vergogna nazionale”. Spinelli ha poi recitato la poesia ‘Auschwitz’, incisa sul RomMemorial di Berlino, “e scritta per ricordare il dramma di mio padre che a soli 5 anni fu, anche lui, deportato in un campo di concentramento, colpevole solo di essere rom. Ha solo avuto la fortuna di sopravvivere con tutta la sua famiglia”. “La giornata della Memoria serve a fare in modo che quelle tragedie del passato non possano più ripetersi – ha sottolineato Antonio De Grandis -, e questo passa attraverso il dialogo e il rispetto di ogni diversità. La chiesa conta sulla figura di grandi Santi sterminati dal nazismo, come Suor Edith Stein, morta a Dacau, ebrea convertita al cattolicesimo uccisa per le proprie origini”. Rispondendo poi alle domande degli studenti, De Grandis ha chiarito il ruolo della chiesa cattolica nella Shoah: “Papa Pio XII, il pontefice che ha traghettato la  chiesa nel periodo della guerra, ha scelto di non andare allo scontro verbale con il nazismo, ma ha agito dietro le quinte, ordinando ai monasteri di clausura di accogliere nei propri spazi tanti ebrei, che così si sono salvati, perché solo il Papa poteva aprire le porte dei centri di clausura”. “Sicuramente il problema è che la chiesa non ha detto nulla – ha aggiunto lo storico Patricelli -, non ha avuto una presa di posizione ufficiale come tutti si aspettavano, ma questo anche perché con l’Europa occupata, con il nazismo che non vedeva l’ora di andare allo scontro con il cristianesimo e di sostituire tale religione con una religione atea o con l’esoterismo, Pio XII scelse di non parlare, ma di agire”.