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“All’epoca dei fatti Massimo Maravalle versava per infermita’ in condizioni di totale esclusione della capacita’ di intendere e volere”. E’ la conclusione cui e’ giunto lo psichiatra bolognese Renato Ariatti incaricato dal gip del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, di stabilire se Massimo Maravalle, il tecnico informatico di 47 anni affetto da disturbo psicotico atipico, la notte in cui ha soffocato il figlio Maxim fosse capace di intendere e di volere. L’episodio risale alla notte tra il 17 e il 18 luglio scorsi a Pescara, in via Petrarca.
Il perito, inoltre, ha stabilito che “attualmente le condizioni psicopatologiche appaiono migliorate, pur persistendo quote attenuate di pericolosita’ sociale, che richiedono il prosieguo delle cure in condizione di residenzialita’ sulle 24 ore, ad alta intensita’ terapeutica oltre custodiale”. Secondo il consulente del gip, il tecnico informatico “e’ in grado di partecipare in modo consapevole al giudizio”. Il bimbo ucciso era di origine russa ed era stato adottato nel 2012. Il pm che si sta occupando del caso e’ Andrea Papalia. Le indagini sono affidate alla squadra mobile di Pescara, diretta da Pierfrancesco Muriana. La perizia sara’ illustrata e discussa nel corso dell’incidente probatorio fissato per il 25 novembre prossimo. Maravalle e’ difeso dagli avvocati Alfredo Forcillo e Giuliano Milia.
Secondo il perito, negli ultimissimi giorni prima del delitto, “il paziente era immerso in un delirio florido connotato da continue percezioni e intuizioni deliranti, che caricavano di significati e di premonizioni ogni accadimento, anche quello piu’ banale e fortuito. Il sentimento che pervade Maravalle in quegli ultimi momenti e’ quello di un destino ineluttabile e catastrofico a cui ormai non ci si puo’ piu’ sottrarre. Il gesto estremo verso il piccolo Maxim diviene allora, nella sua mente sconvolta, l’unica strada per sottrarre se stesso e la sua famiglia a indicibili sofferenze”. Secondo il perito Maravalle riteneva quindi il suo gesto “salvifico” e “altruistico”. Per il consulente del gip Maravalle era “totalmente incapace di intendere, sulla base di una condizione delirante assoluta, incoercibile e mai criticata, e al tempo stesso egli va considerato incapace di volere, in quanto la volonta’, anche se apparentemente lucida nel perseguire il risultato omicidiario, e’ in nuce totalmente asservita all’idea delirante che la muove. Cio’ introduce inevitabilmente il tema della pericolosita’ sociale, intesa come rischio di recidiva, non necessariamente di un reato della stessa natura”. La situazione clinica di Maravalle appare “molto migliorata, ed e’ iniziato un percorso di rivisitazione critica” dell’omicidio, ma si ritiene necessario “un monitoraggio intensivo per il rischio di un possibile gesto suicidiario”. “Resta pero’ – si legge nella perizia – il dato storico di un paziente mai realmente in questi anni esente da “inquinamenti” interpretativi, mai veramente libero da paure e tormenti dubitativi, portato ad affrancarsi dalle terapie farmacologiche, e soprattutto caratterizzato da un’alta vulnerabilita’ allo scompenso rapido, con ingresso in una dimensione delirante poco o nulla criticata”. (AGI)

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