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Maurizio Acerbo, segreteria nazionale PRC-Se:
“L’intercettazione in cui D’Alfonso dà indicazione al suo braccio destro Claudio Ruffini di recarsi allo studio dell’avvocato Milia smentisce clamorosamente le dichiarazioni rilasciate dal presidente della Regione Abruzzo nella sua conferenza stampa di sabato relativa all’ennesima inchiesta che lo riguarda.
Al contrario di quanto dichiarato dal Presidente – da quanto emerge sulla stampa – è evidente che la riunione presso lo studio del suo avvocato penalista-imprenditore a cui hanno partecipato i due suoi massimi collaboratori, Dezio e Ruffini, era proprio volta a sbloccare il progetto della società Pescaraporto.

D’Alfonso dunque ha mentito sapendo di mentire in conferenza stampa: ha detto di non aver aiutato Milia mentre dall’intercettazione emerge chiaramente il suo ruolo attivo.
Come ho già ampiamente spiegato quel progetto edilizio di tre palazzi da 21 metri sul mare ha ricevuto un tale trattamento di favore che dopo aver ottenuto un permesso illegittimo che sono riuscito a far annullare dal TAR e stato sbloccato dal governo Renzi inserendo una norma ad hoc nel maxi-emendamento alla legge di stabilità 2016 (relatrice al Senato era casualmente l’attuale sottosegretaria alla giustizia Federica Chiavaroli pescarese). Poi dopo la riunione a cui D’Alfonso ha spedito il suo braccio destro in Regione e la sua longa manus al vertice del Comune è stato miracolosamente sbloccato anche lo stop del Genio civile.
Nella stessa giornata apprendiamo che ancora una volta il presidente renziano della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso si è avvalso della prescrizione invece di fare chiarezza in sede giudiziaria in un procedimento in cui era coinvolto insieme all’amico Toto e altri personaggi dell’Anas e del Ministero.
Questa volta spero che nessuno voglia presentarlo come assolto: prescrizione non è assoluzione. E come sostenevano i ‘probiviri’ del PD al tempo del caso Penati chi intende ricoprire cariche pubbliche e ruoli politici ha il dovere di non avvalersi della prescrizione.
La Regione Abruzzo non può essere ostaggio di un personaggio come D’Alfonso e della sua corte dei miracoli.
Chiediamo le dimissioni di D’Alfonso e invitiamo il PD e i suoi alleati a uscire dal silenzio complice.
Il problema prima che giudiziario è politico. Essere garantisti non significa far finta di non vedere che i comportamenti di D’Alfonso sono incompatibili con il ruolo che ricopre”.
Erika Alessandrini (Movimento 5 Stelle)
Le intercettazioni che sono state pubblicate oggi su Il Centro rappresentano la morte politica ed amministrativa di questa città. Ci troviamo davanti ad una situazione in cui potere politico ed amministrativo sono piegati agli ordini della classe imprenditoriale pescarese, siamo davanti ad una politica debole ed in ginocchio che decide nelle stanze di pochi potenti privati sulla vita di tutti i cittadini, siamo davanti alla più bieca forma di governo possibile. Oggi Pescara raggiunge la consapevolezza di essere stata violata e l’indignazione che proviamo davanti alle parole pronunciate da chi dovrebbe governarci vanno ben oltre il fatto giudiziario in sé. Inoltre, venire a sapere dal sottobosco della politica che il Presidente della nostra regione è “tenuto per le p…” come leggiamo testualmente, ci mostra quanto chi ci governa sia umanamente e professionalmente piegato al volere di pochi, al di là delle parole propagandistiche che ci vengono puntualmente propinate per chiederci voti. Nessuno potrà ridarci quello che ci hanno tolto. Oggi abbiamo la prova che l’interesse della città non conta e non è mai contato. Oggi non è stata messa in discussione solo una giunta, un’amministrazione ma l’intera democrazia di un territorio. Se quello che accade qui, oggi, dovesse accadere anche a livello regionale, nazionale, dove ci sono competenze ben più ampie, saremmo davanti alla consapevolezza che la democrazia non esiste più. Le parole pronunciate nell’intercettazione sono la dimostrazione che tutto quello che ci è stato raccontato, che pensavamo non è vero! I pescaresi non devono subire l’umiliazione di essere rappresentati e governati da questa gente.