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All’alba di questa mattina: Operazione Bazar della Guardia di Finanza di Pescara. 15 misure cautelari, 12 già eseguite, nei confornti di “imprenditori del falso”. Sequestrati oltre 65 mila capi di abbigliamento, accessori ed etichitette contraffatte per un valore di almeno due milioni di euro.

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I finanzieri del Comando Provinciale di Pescara hanno notificato una ordinanza di misura cautelare nei confronti di 15 persone ritenute i promotori di una organizzazione criminale composta da italiani, senegalesi e da un marocchino, specializzata nel mercato del falso, con basi operative in Pescara e molto attiva in Abruzzo ed in diverse altre aree del territorio nazionale.

Per l’esecuzione del provvedimento emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di L’Aquila – Dott.ssa Guendalina Buccella, su richiesta dei Sostituti Procuratori Dr. Fabio Picuti – della Direzione Distrettuale Antimafia di L’Aquila e Dr. Andrea Papalia – della Procura della Repubblica di Pescara, la Guardia di Finanza pescarese, fin dalle prime luci dell’alba di oggi, ha messo in campo oltre 80 militari, per interventi in Pescara, Montesilvano (PE), Napoli, Acerra (NA), San Giuseppe Vesuviano (NA) Porto Sant’Elpidio (FM), Bugnara (AQ) e Orsogna (CH).

Le misure restrittive di oggi si inseriscono nel contesto di un’articolata indagine che ha portato complessivamente alla denuncia di 41 persone per reati legati alla contraffazione.

Le investigazioni delle Fiamme Gialle pescaresi, durate circa due anni, sono iniziate nell’ambito del dispositivo di contrasto alla contraffazione ed all’abusivismo commerciale messo in atto dal

Comando Provinciale di Pescara, volto a reprimere il mercato del falso ed il fenomeno della contraffazione sul territorio pescarese.

Il servizio, in particolare, ha preso le mosse dal monitoraggio di alcuni venditori ambulanti che offrivano i loro prodotti in un’area mercatale, ora sgomberata, nei pressi della stazione ferroviaria centrale di Pescara, meglio nota come “Area di risulta”. Tale sito, in alcuni punti e per particolari caratteristiche, si prestava a più funzioni: “vetrina” della merce contraffatta, “punto vendita” della stessa – che veniva scelta ed anche provata dai clienti in improvvisati camerini tra le bancarelle o nel tunnel della stazione – e “magazzino” della merce falsa, in parte stoccata all’interno di autovetture parcheggiate nei dintorni.

Oltre ai pedinamenti ed alle attività di osservazione e controllo economico del territorio, le successive indagini tecniche condotte dai finanzieri della Compagnia di Pescara, eseguite attraverso intercettazioni telefoniche e localizzazioni satellitari, hanno permesso di ricostruire l’intera catena logistica, organizzativa e strutturale della filiera illecita.

Nello specifico sono stati individuati due diversi “canali di approvvigionamento”, veri e propri “distretti industriali del falso”: il primo composto esclusivamente da soggetti campani, operanti su tutto il territorio nazionale attraverso la produzione e la distribuzione di merce contraffatta – capi di abbigliamento e scarpe riproducenti marchi di famose griffe (Hogan, Nike, Adidas).

Il secondo, costituito prevalentemente da senegalesi, supportati ed in associazione con i predetti campani, dediti alla fabbricazione di etichette da applicare su capi di abbigliamento ed accessori moda, per il confezionamento di capi “griffati” destinati ad alimentare il mercato del falso sull’intero litorale adriatico.

Il sodalizio criminale era strutturato secondo il modello organizzativo “piramidale”, con al vertice cittadini senegalesi e campani che si servivano di laboratori clandestini per la produzione non solo di capi e accessori moda “taroccati”, riportanti i marchi più rinomati “Dolce&Gabbana”, “Gucci”, “Fendi”, “Liu-jo”, “Louis Vuitton”, “Burberry”, “Armani”, “Hogan” “Prada”, ma anche di etichette, indispensabili per confezionare e riprodurre capi contraffatti. Punto di forza dell’organizzazione era anche la disponibilità di manodopera in grado di confezionare prodotti di buona fattura, sempre in linea con le ultime tendenze della moda, seppure privi, ovviamente, delle garanzie di qualità e sicurezza.

L’organizzazione, ispirata a criteri imprenditoriali, era in grado di approvvigionare grosse quantità sia di prodotti già confezionati, pronti per la vendita, sia di etichette ed accessori vari che poi dovevano essere assemblati in piccoli laboratori abusivi, anche casalinghi, dislocati sul territorio.

Per facilitare i contatti e le transazioni all’ingrosso ed al dettaglio, erano approntati appositi “books fotografici” riproducenti la vasta gamma delle merci.

Come provato dalle evidenze investigative, sul mercato erano introdotti beni di diversa finitura che alimentavano non solo la rete dell’abusivismo, ma anche regolari esercizi commerciali.

Efficiente e capillare la rete distributiva che, grazie alle svariate tipologie di trasporto studiate ad hoc per eludere i controlli delle forze dell’ordine, permetteva di alimentare e rifornire di merce contraffatta tutte le basi logistiche. È stato accertato anche l’utilizzo da parte di uno degli associati del sistema “car pooling” per il trasporto di campionari di prodotti falsi.

Le investigazioni hanno consentito di appurare, altresì, che i prodotti erano spediti da Napoli mediante corrieri espressi, mezzi a noleggio, mezzi pubblici (treni e autobus di linea), in alcuni casi trasportati anche grazie alla disponibilità di autisti compiacenti di autobus che operano sulle tratte Napoli – Pescara e Roma – Pescara.

Complessivamente, nel corso dei vari interventi eseguiti, sono stati sequestrati, presso diversi laboratori clandestini, oltre 65.000 capi, accessori ed etichette contraffatti che, secondo le ricostruzioni e a prezzo di mercato, avrebbero fruttato all’organizzazione circa 2 milioni di euro.

L’operazione odierna, epilogo delle indagini sviluppate dalle Fiamme Gialle di Pescara, sotto la direzione dell’Autorità Giudiziaria, ha interessato 15 responsabili: 10 sono stati arrestati, quasi tutti con precedenti specifici – 1 associato al carcere di Pescara e 9 posti ai domiciliari –, e 2 colpiti da obbligo di dimora nel comune di residenza. Sono tuttora ricercati 3 senegalesi, di cui 2 non in regola ai fini del soggiorno sul territorio nazionale.

Dovranno rispondere, a vario titolo ed in associazione, di ricettazione, contraffazione e commercio di prodotti con segni falsi.

L’azione di servizio sottolinea, ancora una volta, il costante presidio attuato sul territorio dalla Guardia di Finanza a difesa della legalità, volto a contrastare tutti quei comportamenti, come il fenomeno della contraffazione, in grado di minare la sana e leale concorrenza tra gli operatori del mercato, danneggiando le imprese ed i lavoratori onesti e, più in generale, l’economia del nostro paese.

Dal 1° gennaio del 2014 è stato reso operativo l’applicativo S.I.A.C. – sistema informativo anti contraffazione – raggiungibile da chiunque attraverso il sito internet https://siac.gdf.it, in grado di fornire un quadro aggiornato circa l’azione svolta dai vari attori istituzionali che presidiano il “mercato del falso”, mettendo a disposizione dell’utenza anche indicazioni e consigli pratici per evitare di acquistare prodotti contraffatti o pericolosi.