In parziale riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila ha condannato, con pene variabili tra i tre e i due anni, 10 dei 19 imputati nell’ambito del processo per la mega discarica dei veleni industriali di Bussi. In particolare, il collegio, presieduto dal giudice Luigi Antonio Catelli (relatrice e giudice a latere Armanda Servino) ha riconosciuto la sussistenza dell’avvelenamento delle acque, ma colposo e, per quanto riguarda il disastro ambientale, anch’esso colposo, ha riconosciuto alcune aggravanti interrompendo di fatto la prescrizione del reato. Il 19 dicembre 2014, la Corte d’Assise di Chieti aveva assolto i 19 imputati – ex dirigenti e tecnici legati alla Montedison – perche’ il fatto non sussiste, dal reato di avvelenamento delle acque e dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per il reato di disastro ambientale, derubricato da doloso in colposo. Tre anni di reclusione sono stati inflitti a Carlo Cogliati, amministratore delegato pro tempore di Ausimont, Maurilio Auguggi, Leonardo Capogrosso, coordinatore dei responsabili dei servizi Pas degli stabilimenti facenti capo alla Montedison-Ausimont di Milano, Salvatore Boncoraglio, responsabile Protezione ambientale e sicurezza della sede centrale di Milano. Due anni, invece, per Nicola Sebastiani, Angelo Domenico Alleva, Nazareno Santini, direttore dlelo stabilimento dal 1985 al 1992, Luigi Guarracino, Carlo Vasallo, direttore dello stabilimento di Bussi dal ’92 al ’97 e Giancarlo Morelli. La Corte ha stabilito una provvisionale per risarcimento danni di circa 4 miliardi di euro. La Procura Generale si era allineata alle richieste di condanna (180 anni di carcere in tutto) invocate nel processo di primo grado dai pm di Pescara, Annarita Mantini e Giuseppe Bellelli che firmarono l’inchiesta. L’area fu subito definita come la piu’ grande discarica inquinata d’Europa. L’indagini della Procura di Pescara sulla mega discarica dei veleni prese il via nel 2007 con la scoperta, da parte del Corpo Forestale dello Stato, di circa 185 mila metri cubi di sostanze tossiche e pericolose in un’area di 4 ettari nei pressi del polo chimico di Bussi sul Tirino (Pescara). Dagli anni ’60 agli anni ’90, sarebbero state sversate e smaltite, abusivamente, tonnellate di sostanze pericolose, tra cui cloroformio, tetracloruro di carbonio, esacloroetano, crieloroetilene, triclorobenzeni e metalli pesanti. Veleni che avrebbero contaminato anche le falde da cui per anni e’ stata prelevata l’acqua distribuita nelle rete idrica dell’intera vallata. La sentenze di oggi e’ stata emessa dopo circa otto ore di camera di consiglio. In primo grado, la condanna piu’ grave, 12 anni e 8 mesi di carcere, era stata chiesta nei confronti di Carlo Cogliati. Il Forum abruzzese dell’acqua ricorda che il processo di bonifica, pur attivato nel 2004, non e’ stato mai eseguito. Poi, nel 2007, sono arrivati i sequestri delle discariche, prima Tremonti, lungo il fiume Pescara, e poi 2A e due 2B lungo il fiume Tirino, tra stabilimento e paese. “Basta con l’accanimento analitico – afferma il Forum – ora serve solo la bonifica per tutte le discariche e anche per il sito industriale che risulta anch’esso pesantemente contaminato”.
“Dopo quanto accaduto in fase di udienza preliminare e in primo grado questa sentenza di appello almeno ristabilisce la verita’ su fatti di inaudita gravita’ che hanno riguardato la qualita’ della vita di 700.000 persone”. Cosi’ Augusto De Sanctis, attivista del Forum H2O, a proposito della sentenza sulla mega discarica di rifiuti tossici di Bussi sul Tirino (Pescara) emessa, oggi pomeriggio, dalla Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila, presieduta dal giudice Luigi Catelli. “Le pene sono miti – a cui si aggiunge il condono con contorno di prescrizione – a testimonianza su come le leggi nel nostro paese considerino la tutela dell’ambiente e la difesa della salute. Comunque la vera giustizia per noi e’ la bonifica, il nostro territorio deve essere risanato fino in fondo subito e risarcito per i danni subiti come prevede la sentenza. Non possiamo aspettare un minuto di piu’, nella val Pescara e’ un disastro con i pesci al mercurio. Una vergogna internazionale che deve finire. Questa sentenza puo’ aiutarci senz’altro”. Soddisfazione da parte del Comitato Bussiciriguarda, il quale parla di “pietra miliare nella giurisprudenza nazionale” e ribadisce che “la sua azione e’ sempre stata finalizzata ad ottenere il risanamento ambientale della Valpescara”. “Questa sentenza – sottolinea il Comitato – non solo da’ ragione alla nostra battaglia, ma ci consente di rafforzare il nostro impegno dandoci ulteriori energie affinche’ si possa ottenere quanto prima il ripristino della qualita’ dei luoghi. Da domani, pertanto, abbandonate le aule dei Tribunali, saremo sentinelle vigili e di stimolo continuo affinche’ tutte le amministrazioni, nazionale, regionale e locali facciano quanto di loro competenza per restituire alla collettivita’ acque e terreni risanati”.
“Cambia totalmente lo scenario di quello che e’ diventato ormai famoso come il ‘processo di Bussi’: la Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila ha emesso una sentenza nella quale sostanzialmente riconosce la verita’ storica di entrambi i reati: sia l’avvelenamento delle acque sia il disastro ambientale riqualificandoli in fatti di colpa. Il trascorrere del tempo conduce alla prescrizione il reato di avvelenamento ma non quello del disastro ambientale che viene affermato anche in termini di responsabilita’ penale per 10 degli imputati condannati a pene, condonate, variabili tra i 2 e i 3 anni”. Cosi’ il WWF Abruzzo a proposito della sentenza sulla mega discarica di rifiuti tossici di Bussi sul Tirino emessa, oggi pomeriggio, dalla Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila, presieduta dal giudice Luigi Catelli. “La affermazione di responsabilita’ – prosegue il Wwf – ha portato anche alla condanna al risarcimento del danno da quantificare in separata sede nonche’ alla condanna a varie provvisionali per oltre tre milioni di euro, che vanno da un milione di euro in favore della ATO, a 500mila euro in favore della Regione Abruzzo, a 200mila euro in favore di tutti i Comuni, a 10mila euro in favore del Wwf Italia e di Legambiente, a 5mila euro in favore delle restanti associazioni ambientaliste che si erano costituite parte civile”. Dopo due anni di lavoro e di assoluta fiducia nella giustizia – afferma l’avvocato Tommaso Navarra, che ha rappresentato il Wwf, parte civile – oggi possiamo dire che anche i reati ambientali possono trovare un giusto accertamento di verita’. Un ringraziamento particolare va ai nostri associati che negli anni hanno saputo credere in questo percorso giudiziario tanto tribolato quanto importante”. Luciano Di Tizio, il delegato Abruzzo che ha seguito il processo per il Wwf Italia, aggiunge: “Oggi e’ stato compiuto un passo avanti importante nella accertamento della verita’ ma l’obiettivo finale, come abbiamo sempre detto, resta la bonifica del territorio e l’applicazione del sacrosanto principio del chi ha inquinato paghi”.
“La sentenza pronunciata oggi dalla Corte d’Assise d’Appello de L’Aquila sul caso della mega discarica di Bussi segna un punto a favore della tutela del territorio e conferma che questa deve rappresentare una priorita’ centrale sia per il mondo economico, che sull’ambiente si insedia; sia per chi governa il territorio e deve fare rispettare le regole; sia, infine, per ogni membro della comunita’ che ha il diritto a vivere in un ambiente sano, ma ha anche il dovere di tutelarlo”. Lo afferma il sindaco di Pescara, Marco Alessandrini. “Compito della pubblica amministrazione – prosegue – e’ bloccare sul nascere fenomeni gravissimi di inquinamento e proteggere la comunita’ dai rischi che comportamenti irresponsabili possono arrecarvi. Quello che em accaduto a Bussi e’ grave ed ha un costo sociale oltre che economico. Il Comune di Pescara si e’ costituito parte civile nel processo, perche’ si andasse fino in fondo con l’accertamento delle responsabilita’ e dei fatti. In favore del Comune sono stati liquidati a titolo di provvisionale 200mila euro, e la somma piu’ alta fra quelle erogate ai Comuni interessati e che impiegheremo a favore delle politiche ambientali”.
“Per il popolo inquinato di Bussi è arrivata finalmente aria di giustizia. Oggi, con 10 condanne a pene variabili tra i 2 e i 3 anni, la Corte d’Assise d’appello dell’Aquila ha ribaltato la sentenza di primo grado sulle discariche dei veleni della Montedison scoperte a Bussi e riconosciuto le aggravanti nel reato di “disastro ambientale”, che di fatto ha interrotto la prescrizione e il reato di “avvelenamento colposo delle acque”. Reati commessi da chi ha inquinato per anni quell’area, sversando veleni nei terreni con la contaminazione delle falde acquifere, e che finalmente pagherà per quello che ha fatto. Una sentenza che finalmente porta un vento di giustizia, negata per anni. Ora si lavori per il ripristino ambientale e una completa ed esauriente bonifica del sito senza perdere più altro tempo e senza far passare altri anni, come invece è successo fino ad ora”, così Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente commenta la sentenza d’appello sulla discarica dei veleni della Montedison scoperta a Bussi nel pescarese nel 2007. Il processo di primo grado si era concluso nel 2014 senza condanne.
La sostanziale modifica della sentenza di primo grado ha prodotto risarcimento danni e provvisionali a carico degli imputati subito esecutivi e quantificati per oltre 3 milioni di euro. Di cui circa 1 milione all’ATO, 500.000 euro alla Regione Abruzzo, 200.000 euro ai comuni e 15.000 euro alle associazioni ambientaliste.
Legambiente, che è tra le parti civile del processo, continuerà la sua battaglia per il ripristino ambientale dell’area. “Dieci anni fa si sollevava il vaso di pandora sulla discarica illegale di veleni chimici più grande d’Europa che per anni ha avvelenato l’ambiente, la salute dei cittadini e danneggiato l’economia di questi territori. Ad oggi – aggiunge Giuseppe Di Marco, presidente Legambiente Abruzzo – le attività di bonifica latitano. Per questo chiediamo che si lavori per il risanamento dell’area e poi per un suo rilancio, perché i cittadini hanno diritto alla restituzione di un territorio finalmente libero dai veleni e di un futuro proietto sulla green economy”.