Il risultato pessimo del Sì in Abruzzo, ben al di sotto della media nazionale, rappresenta una débâcle per il Presidente della Regione D’Alfonso che in spregio di anche una minima parvenza di correttezza istituzionale ha gettato tutto il peso della sua carica e dei suoi apparati di potere nella campagna referendaria.
Dopo aver ricevuto un’infinità di inviti, sms, telefonate e lettere gli abruzzesi hanno reagito con un gigantesco pernacchione a chi davvero non ha la storia per incarnare una campagna demagogica anticasta.
D’Alfonso ha fatto flop. Difficile far passare la balla di un referendum anticasta quando a sostenerlo sono i D’Alfonso, i D’Alessandro e i Di Matteo. Avevano promesso di ridursi lo stipendio a quello del sindaco dell’Aquila come primo provvedimento e hanno avuto la faccia tosta di fare una campagna referendaria contro i “costi della politica”.
D’Alfonso dovrebbe dimettersi ma non lo farà. Almeno però abbia la dignità per una volta di rispettare impegni elettorali. Almeno si tagli lo stipendio come aveva promesso in campagna elettorale. Non c’è bisogno di modificare la Costituzione per tagliare i privilegi.
In Abruzzo i sì sostenuti da Renzi e D’Alfonso raggiungono il 35,61%, 5 punti in meno rispetto al dato nazionale complessivo. Nonostante la forsennata campagna, D’Alfonso fa peggio della media nazionale. D’Alfonso non ha convinto nemmeno quelli che lo avevano votato alle regionali, visto che in termini assoluti rispetto alle regionali il Sì perde 50.000 voti. Emblematico il caso di Lettomanoppello dove D’Alfonso chiude sempre le campagne elettorali, i NO sono stati 894 i sì 702, insomma D’Alfonso ha perso a casa propria. I sì in provincia di Pescara vanno peggio che in Provincia di Chieti e Teramo.
Tante persone hanno votato NO perché sono stufe di essere prese in giro.