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È apparso all’improvviso, distribuendo cioccolatini e caramelle ai bambini, e poi San Nicola, affacciato da una finestra sull’aia, ha lanciato ai presenti i pani e i taralli benedetti, segno di abbondanza, di fratellanza e buoni auspici. È tornata dopo oltre cento anni di assenza la celebrazione della Festa di San Nicola promossa dall’Associazione Fontevecchia nel Borgo Case Troiano, tra momenti di fede, di rievocazione storica e di recupero delle tradizioni, che ha visto protagonista anche il professor Francesco Stoppa, Presidente del Consorzio Tradizioni Teatine e del Cata dell’Università ‘d’Annunzio’.
“Secondo i racconti quella di ‘San Nicola’ era una delle feste più antiche e sentite nel Borgo, che è sopravvissuta sino alla fine del 1800 per poi spegnersi, anche in seguito alle vicende storiche che hanno segnato il paese – ha spiegato il presidente dell’Associazione Luciano Troiano -. Nel giorno di San Nicola tradizionalmente si sfornava il pane dai forni a mattoni del borgo, pagnotte, panetti per i bambini e taralli. Poi arrivava un frate dalla chiesa della Madonna dei Sette Dolori, del quartiere Colli, che benediva pane e olio e lanciava i panetti dalla finestra di una delle abitazioni al popolo sottostante. I più anziani tagliavano il pane a metà e lo facevano ungere dalle donne, mentre per i bambini erano riservate anche le frittelle fatte solo con acqua e farina. Nei racconti, San Nicola era il santo che portava doni ai bambini, ma anche che proteggeva dalle carestie e dalla povertà, e c’era un menù preciso da seguire anche sulle tavole per onorare il santo, ovvero il 5 e il 6 dicembre si mangiavano solo fave lesse con olio a crudo e qualche foglia d’alloro e un pomodoro. Il 7 dicembre, invece, vigilia dell’Immacolata Concezione, le nonne mettevano l’olio nelle ‘fersore’ poste sui treppiedi all’interno dei camini e iniziavano a fare i dolci tipici del Natale, come li caggiunitt’ e li turcinell’: i primi sono dei dolcetti fritti che contengono, secondo la ricetta più tradizionale, marmellata d’uva, preparata durante la vendemmia, e mandorle tritate; li turcinell’, invece, sono una vera e propria pastella fritta a forma di torciglione con l’uva passa, ossia erano le ‘zocch’ d’uve’ di malvasia che le nonne mettevano da parte a ottobre, sempre durante la vendemmia. E quei dolcetti rappresentavano il premio per i bambini ‘buoni’ che venivano dati dall’8 dicembre in poi. L’Associazione Fontevecchia, mettendo insieme tutte le notizie raccolte tra i residenti del Borgo, ha deciso di riproporre la Festa, per consegnarla anche ai ricordi dei bambini e dei più giovani, che spesso ignorano l’esistenza di un San Nicola, confondendolo con il più ‘commerciale’ Santa Claus”. E ieri il programma della celebrazione ha rispettato tutti i dettagli imposti dalla tradizione: la Santa Messa è stata celebrata nella chiesa della Santissima Trinità da Padre Egidio, della Madonna dei Sette Dolori, seguito dalla processione dei pani e taralli benedetti, portati dagli uomini e dalle donne vestiti con l’abito tradizionale abruzzese, sino all’altare esterno allestito in onore di San Nicola. Quindi è arrivato San Nicola, interpretato da un figurante, che con il suo pastorale, affacciato a una finestra, ha lanciato pani e taralli ai presenti nell’aia, riservando ai più piccoli il dono dei dolciumi. La giornata è proseguita, alla presenza, tra gli altri, del vicesindaco di Spoltore Ennio Rosini e del consigliere del Comune di Pescara Carlo Masci, con la presentazione del libro ‘Non possumus’ dell’autore Pietro Ferrari, mentre è stato il professor Stoppa a ripercorrere il mito di San Nicola, “il santo arrivato dall’Oriente, la cui figura, con il tempo, è stata sovrapposta a quella del panciuto Santa Claus delle pubblicità televisive e del mondo anglosassone. Il nostro dovere è quello di recuperare il ruolo e l’immagine del nostro San Nicola Vescovo”, al quale ogni anno dall’Abruzzo viene dedicato un pellegrinaggio annuale di 7 giorni, fino a Bari, coordinato da Yuri Moretti, che ha raccontato le tappe del viaggio. La serata si è conclusa con balli e canti della tradizione popolare, e i cibi della festa, ossia la Favata, caggiunitt, sgaiuzz’ e turcinill . All’evento hanno preso parte anche l’Associazione Esperia di Tocco da Casauria, il maestro Adorino Graziani che ha guidato i canti popolari, e una delegazione gemellata proveniente da Bari, guidata da Lillino Ladisa.