PESCARA (a cura di Andrea Appicciutoli). Nel quarto appuntamento del progetto “HOSPES///HOSTIS – Per una cultura urbana dell’integrazione” organizzata dall’ESAP, associazione degli studenti del Dipartimento di Ingegneria, con la collaborazione dell’Ateneo “G. D’Annunzio” insieme al dipartimento di Architettura, è intervenuto, come ospite d’eccezione, il celeberrimo scrittore Erri De Luca. L’incontro, tenutosi nell’Aula Magna “Federico Caffè” gremita di studenti, professori, scrittori emergenti o semplici cittadini interessati, ha avuto come filone portante il fenomeno dei “flussi migratori” provenienti dal Nord Africa e di cosa debba essere l’ospitalità, tema più che mai caldo ed attuale su tutto il territorio della nostra penisola.
Dopo un introduzione da parte del prof. Alberto Clemente, che ha ripercorso il significato vero dei termini “Hospes” (ospite o ospitante), “Hostis” (nell’accezione di “straniero” e non “nemico”) ed “emigrato” con citazioni da Cicerone fino a Papa Francesco, è intervenuto lo scrittore di origine partenopea. Per De Luca, quelle che i media definiscono come “ondate di immigrati”, alimentando la paura ed il rigetto verso “l’altro”, sarebbero da inteficare come “flussi migratori che non invadono ma irrorano”. Ricordando come la cultura stessa dell’Italia sia il frutto di una miscellanea di influenze arrivate da fuori, l’autore ha descritto le condizioni in degli immigrati che si spostano per mare: “Le condizioni in cui devono viaggiare coloro che si imbarcano dalle coste dell’Africa sono peggiori di quelle della tratta degli schiavi: siamo in presenza delle peggiori condizioni di trasporto marittimo della storia umana. I migranti sono diventati una merce che si può anche buttare a mare, quasi più redditizi di un traffico di droga.” Molto critico anche sull’attenzione posta dai media al tema: “I nostri media non informano ma spaventano quasi, puntano sempre sull’emergenza, e non a caso: eventi come l’Expo, trattato anch’esso come un emergenza, ci dimostrano come essa altro non è che un motore di sviluppo proprio del nostro paese”.
Erri De Luca ha poi posto la riflessione sulla concezione stessa del termine “emigrato”: la parola rimanda ad immagini di tragedie in mare ma in realtà “il primo emigrato della storia è stato Abramo, padre di tutte le religioni monoteiste. Egli fu ospite presso diverse terre e dovunque andò portò benefici a chi lo accolse”. Se si pensa, dunque, che il padre della civiltà occidentale era egli stesso un emigrato, o meglio “peregrinus”, bisogna osservare che la multiculturalità non deve trasformarsi divisione ma ritornare ad essere aggregazione.
E qual’è allora la soluzione per combattere le differenze? “Tendo spesso a considerare l’Italia non come uno stivale, che calcia via ed allontana, ma come un braccio teso all’accoglienza su cui sono sbarcate tutte le culture. Questo dev’essere lo spirito: ospitalità come accoglienza, ed accoglienza come un sorriso di pronto-soccorso”.
Al termine del discorso è stato concesso spazio alle curiosità dei presenti e numerosi sono stati gli interventi di studenti italiani e non che hanno espresso le loro riflessioni (e probabilmente, in piccolo, quelle di un intero paese). Particolarmente dibattuto è stato il tema dell’atteggiamento di ipocrisia verso gli stranieri che arrivano in Italia: “Un poeta brasiliano disse che (gli immigrati) occupano i nostri posti anche quando siamo seduti e loro viaggiano in piedi. Credo che il problema vero non sia da definire ipocrisia ma “indifferenza”, intesa come incapacità di riconoscere la differenza fra realtà e finzione che si può abbattere solo con un sorriso”.
La chiosa finale, ironica, è sulla vicenda personale dello scrittore che è stato accusato di incitazione al reato per via dei suoi scritti a favore dei ‘No TAV’: “In tribunale le domande non sono fatte per sapere ma per ottenere: la vicenda ha dell’incredibile ma la cosa che mi ha più rattristato è stata constatare che nessuno dei presunti ‘incitati’ si sia presentato in aula