Merletti: “Così ho risollevato la Pescara Basket”

Coach Andrea Merletti, lo stratega della Pescara Basket. Intervista a cuore aperto

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Hai preso in mano una squadra a 0 punti, risollevandola in classifica e giocandotela con tutti: su cosa hai lavorato per migliorare questo gruppo?
“Questa squadra aveva bisogno di regole, sia da un punto di vista tecnico che comportamentale, naturalmente riferendomi alla pallacanestro, soprattutto sul modo di stare in campo e di approcciare alle partite. Erano gli stessi giocatori a cercarle, e da parte loro è sicuramente migliorata la mentalizzazione e cultura del lavoro. Rispetto a prima abbiamo fatto tanto, mi aspettavo qualcos’altro in più, ma essere noni con diverse vittorie prestigiose è sicuramente un bel risultato”.

Da rilevare è anche lo spazio riservato ai nostri giovanissimi under, che hanno spesso contribuito in maniera importante durante le gare …

“Mentre le altre squadre si sono rinforzate con giocatori importanti, noi abbiamo puntato sulla linea verde. Ho sempre apprezzato la politica del lavoro che spinge i giovani ad avere delle teste pensanti: noi abbiamo dei ragazzi che ci danno una mano non solo in allenamento, ma anche dentro le partite. Per me un giovane deve essere messo in campo da subito: se il rendimento è negativo non hai perso nulla, altrimenti può giocare e rimanere sul parquet. Farli entrare sul +30 a partita finita per me è una punizione e non un premio, e di certo non li gratifica. In questo settore giovanile ci sono dei ragazzi interessanti, che hanno dimostrato di meritare il campo perché hanno lavorato per guadagnarselo: nessuno ha dato loro una wild-card per farli giocare. Ad ogni modo, fra un giocatore senior ed uno under preferisco chi lavora e si impegna, senza guardare minimamente alla carta d’identità”.

Hai sempre pensato di poter cambiare le sorti di questo gruppo, o ci sono stati dei momenti “cruciali” in questo tuo percorso alla guida della squadra?

“Fin da subito ho pensato che questo insieme di persone potesse migliorare la sua classifica, raggiungendo un piazzamento “giusto” per quello che è il valore della squadra. Ovviamente, arrivando in corsa si è sottoposti a situazioni particolari, che si possono accettare, subire o anche non condividere. Ogni cambio deciso dalla società deve però sempre essere visto come un investimento, e non una punizione: per questo ho sempre creduto, e credo ancora, che possiamo migliorarci. In certi momenti il gruppo poteva dare di più, ma allo stesso tempo a volte mi sono reso conto che la mia richiesta doveva essere minore. Questo fa anche la differenza tra chi pensa che la pallacanestro sia quella che fa ogni anno, e chi come me ritiene invece che ci si debba adattare alle caratteristiche dei giocatori a disposizione”.

La Pescara Basket è una società nuova, che per la prima volta nella sua giovane storia si affaccia ad un campionato nazionale. Come giudichi la sua organizzazione, anche a livello di staff?

“Ho sempre pensato che questa società abbia avuto una crescita esponenziale in pochissimo tempo, guadagnandosi sul campo due Finali Nazionali giovanili ed altrettante promozioni in campionati senior. Per proseguire su questa strada bisogna continuare a curare la pianta dalle radici, attraverso un reclutamento che parte da minibasket e giovanili. Confermarsi è sempre difficile, migliorarsi a volte addirittura quasi impossibile: questo è stato un campionato di sacrificio, ma allo stesso tempo una grande vetrina per i nostri ragazzi. Il nostro staff tecnico non ha nulla da invidiare alle altre realtà abruzzesi, si può provare ad emergere anche fuori dai nostri confini, pur se bisogna confrontarsi con un periodo certamente difficile dal punto di vista delle risorse. Finora gli sforzi del presidente sono stati ripagati, lo staff può essere ulteriormente migliorato e questo dev’essere un monito per chiunque vorrà avvicinarsi a questo ambiente, perchè troverà una società giovane e motivata, con grande voglia di emergere”.

Come valuti il livello medio del nostro girone, composto da diverse squadre che dispongono di budget importanti?

“Tante società vantano giocatori di categoria superiore, investendo poco sul parametro e qualcosa in più sui rimborsi, con gli atleti che visto il momento difficile accettano di scendere in questi campionati per monetizzare di più. Ci stiamo scontrando con elementi che non c’entrano nulla con la C Nazionale, ma affrontare squadre così forti è anche stimolante per preparare le partite, e consentire ai nostri giovani di confrontarsi con atleti che possono fungere da esempi, come i vari Mariani, Tessitore, Quaglia, Di Giuliomaria, Gialloreto e tanti altri. Personalmente, quindi, credo che questo sia un girone dal livello tecnico molto alto”.

Sei conosciuto come un perfezionista, che dà sempre il massimo e lo pretende dai suoi giocatori: c’è qualcosa che finora poteva essere fatta meglio?

“Di solito non ho rimpianti, perché se faccio una scelta me ne assumo la responsabilità, nel bene e nel male. Caratterialmente mi aspettavo una squadra un po’ più aggressiva, ma allo stesso tempo come dicevo prima un allenatore può definirsi bravo se riesce a modellarla a seconda delle caratteristiche di chi la compone. Va considerato anche come questo sia un gruppo nuovo, con tante situazioni diverse tra loro: chi proviene dalla DNG, chi dalla C Regionale, altri addirittura sono passati dall’Under 15 alla C Nazionale. Per questo mi sono reso conto che le mie aspettative iniziali dovevano in parte modificarsi, ma alla fine sono i fatti a parlare: le vittorie non vengono mai per caso, ed ho visto in tutti i singoli una crescita nell’apprendere e saper stare in campo. Anche nelle cose sbagliate, potranno portarselo come opportunità di crescita nei prossimi anni. La mia parte da istruttore è spesso predominante su quella da allenatore: non amo gestire, nè le persone che si gestiscono”.

Mancano quattro partite alla fine del campionato: qual è l’obiettivo da qui alla fine?

“Guardando la classifica, mi piacerebbe chiudere al nono posto, considerando che l’ottavo è quasi irraggiungibile: sia per nostri demeriti, ma anche per la formula del campionato, perché con i playoff ad otto squadre sono convinto che avremmo centrato qualche altra vittoria. Per quanto riguarda i singoli, mi piacerebbe vedere ancora di più i nostri giovani in campo, magari sperimentando nuove soluzioni per il futuro, come provare dei giocatori in ruoli diversi dal solito per favorire una loro crescita a tutto tondo”. 

Dopo tanti anni da professionista, lavorando anche in contesti di altissimo livello come la Serie A, cosa ti spinge a continuare con la stessa passione anche in categorie dilettantistiche?

“Non ero un giocatore di pallacanestro costante, perché raramente scendevo in campo: anche per questo, forse, riuscivo a vedere le partite da un’altra angolazione. Da lì é nata la passione, che poi si è tramutata in mestiere: al basket ho dato tantissimo ricevendo ancora di più, è stata un’opportunità di conoscere persone, luoghi, situazioni, avere grandi vittorie, soddisfazioni e riconoscimenti. Quando mi accorgerò di non avere più passione e voglia di stare in campo, mi dovranno accompagnare in una casa di riposo, perché oggi mi muove proprio la voglia di continuare a insegnare qualcosa a qualcuno, se questo qualcuno ritiene che io ne sia in grado. I risultati puoi averli in qualsiasi categoria, dipende dallo spirito con cui si affrontano le cose: alla mia presunzione giovanile, senza la quale non avrei raggiunto certi traguardi, adesso si accompagna la consapevolezza di persona più esperta, che può divertirsi anche vincendo una Serie D con quattro allenamenti a settimana, o lavorando in una C disomogenea nei suoi singoli elementi, o ancora allenando una squadra femminile che lasciata durante l’anno vinse la Serie B, a Battipaglia”.

Cosa ti aspetti dal prossimo futuro?
“Spero che ci siano la voglia ed i presupposti per andare avanti con questa società, e di cogliere i momenti opportuni per non perdere eventuali occasioni di crescita”.
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